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stesso; ed Aristotele dice che questo poema era il primo esemplare della commedia; ma non ne rimase memoria alcuna. Ciò nonostante bastarono ad Omero l’Iliade e l’Odissea per essere stato in Grecia tanto riverito, che non ci mancò chi con templi, chi con giochi pubblici, chi con sagrifici l’invocasse e gli rendesse omaggio. Egli era il sapiente universale della Grecia, e tutti in lui riguardavano un uomo incomparabile ed un genio divino. Aristotele a lui solo dà il nome di poeta; e Dione filosofo ricordò ad un giovane che soprattutto Omero fosse il principio, il mezzo, ed il fine delle sue lettere: Plutarco lo prova il padre delle scienze: Basilio il grande chiama i poemi di Omero un elogio perpetuo della virtù: infiniti altri saggi non fecero che sovr’ogni altro oommendarlo ed ammirarlo. Pure anche egli fu da moltissimi Greci biasimato, tra quali Pitagora, Senofane, Empedocle, Eraclito, Eupolide, Epicuro, Metrodoro, e tanti altri, fra cui un certo Petronio di Focea scrittore siffattamente oltraggiollo, che in una sua Elegia chiamò l’Odissea fango, e più che fango l’Iliade; e non spiacerà ch’io pur dica di un certo Zoilo grammatico detto il cane della rettorica, che si faceva chiamare il flagello di Omero. Recatosi dal Re Tolomeo, presentò alcune opere fatte contro l’Iliade e l’Odissea. Questo Re veggendo il padre de’ Poeti villaneggiato e condannano senza potersi difendere da costui, non gli diede risposta alcuna. Zoilo vistosi così trascurato, parti da quel Regno; ma alla fine ridotto ad estremo bisogno, mandò al Re chiedendo soccorso; alla qual domanda dicesi che Tolomeo rispondesse, che Omero morto mille anni fa alimentava da lungo tempo più migliaja d’uomini, che perciò chi vantava d’essere fornito di più ingegno d’Omero, ragion era che potesse non già sè solo alimentare, ma molti altri. Credesi poi che questo Zoilo fose condannato a morte come reo di parricidio.