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il castello sforzesco di milano

dissima, ricavata nello spessore di uno dei muri della Torre d’angolo. Si aggiunga che la sola attrattiva di cui oggi godono quelle sale, dal punto di vista dell’abitabilità — vale a dire il prospetto sul parco, sistemato sopra una parte della stessa area già occupata, all’epoca sforzesca, dal giardino, o Barco — mancava a quel tempo: infatti il muro di difesa, detto Ghirlanda, recingente il Castello dalla parte verso la campagna, e di cui non rimangono oggidì che pochi avanzi, toglieva alle sale dell’appartamento ducale ogni visuale sul giardino e sullo sfondo della catena delle Alpi. Quando poi si pensi come le ampie finestre bifore fossero chiuse mediante stamegne, cioè mediante semplici impannate di tela, si può immaginare quanto dovesse riuscire poco gradevole la dimora in vasti ambienti, fra i quali la sala detta delli Scarlioni — che pur non era la più ampia — aveva metri 25 di lunghezza, ed un volume di metri cubi 5000.

Malgrado il più modesto concetto di possa avere riguardo le abitudini domestiche, non si può a meno di rimanere meravigliati davanti a quella monotona e severa sfilata di sale: dove erano le cucine? dove i locali di servizio, i ripostigli? L’enigma si affacciava anche rispetto ai locali che pur rispondono ai bisogni più naturali della vita, fino al giorno in cui, nello scrostare tutta la zona inferiore delle pareti, guasta per le infiltrazioni dipendenti dalla lunga destinazione delle sale ad uso di stalla, si venne alla scoperta di piccoli locali, riservati nelle robuste muraglie d’àmbito, dei quali non appariva dubbi la destinazione primitiva: ma, all’atto stesso che la problematica mancanza di quei locali veniva così risolta, si presentava non meno inattesa e strana la condizione affatto rudimentale di quei locali, per il con-

gli accessi alla rocchetta ed alla corte ducale        la torre di bona di savoja


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