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villa pia

proprii occhi. Questo mi par che possa affermarsi, e basti: che l’edifizio risponde alla legge suprema e costante d’ogni cosa bella: unità nella varietà. Varietà infinita nei motivi ornamentali, nella applicazione delle policromie e delle dorature; ma inquadrata vigorosamente dentro alle linee costruttive. Unità manifesta nella semplice planimetria quadrilatera, senz’altro aggetto se non di un corpo mediano sulla fronte principale, ove quattro arcate di portico reggono un terrazzo, e da un secondo terrazzo a sommo dell’edifizio si spicca la torre, che va rastremandoşi per finire a foggia di minareto; unità viepiù manifesta nella facciata verso il lago, dove il portico a terreno corre continuo per otto arcate, e sopra vi si dispiega una bella ordinanza di elegantissime bifore, tenute in mezzo da due corpi di fabbrica più sobriamente forati.

Degna di nota è la scelta delle colonnine che fregiano i due portici terreni, altre in broccatello di Spagna, in rosso di Francia, in lumachello di Svezia, altre in verde di Polcevera, in rosso di Levanto, e in quei variegati diaspri di Sicilia, che non invidiano più bei marmi africani, e che fanno pensare all’isola di Cerere e di Santa Rosalia, cantata da Ibn-Hamdis, dopo Teocrito e prima del Meli, in bellissimi versi, e rimpianta dall’arabo poeta quasi terra natìa. Un altro avvedimento dell’Architetto non va pretermesso, e fu di trattare il grande vestibolo come gli Inglesi sogliono le loro Halls, abbracciando tutti i piani in un solo vano, dietro il quale la scala dall’imo al sommo si svolge. Nelle case greche e romane, sviluppate spesso su un piano solo e con pochi serrami, era naturale che il vestibolo desse a conoscere la costruzione intera, aprendo molteplici e profonde visuali a terreno; nelle costruzioni nostre moderne, che per lo più si svolgono nel senso dell’altezza, gli è in questo senso appunto che giova mostrarcene l’ossatura, e, per così dire, aprircene il nocciolo .

Superfluo aggiungere che il Colla, il quale in ogni sua fabbrica amava spargere motti ed epigrafi che ne manifestassero la destinazione e gli scopi, non risparmiò qui bellissimi distici arabi, di cui la biblioteca arabo-sicula dell’Amari gli fece copia. Vero è che non possono essere molti gli ospiti in grado di gustare quei saporiti apoftegmi, i quali celebrano l’ospitalità, l’amicizia, la munificenza, lo studio, la savia letizia: ma certo l’artista pensò ’che, entrando quelle soglie da lui tanto adorne, altri avrebbe trovato nelle accoglienze oneste e liete della munifica famiglia la migliore delle interpretazioni e la più eloquente delle chiose.

particolare della rimessa.