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46 VICRAMÒRVASI. — ATTO IV. (Pururàvasa, tornando in sé, con tristezza) Ah noi Di piova turgida Questa è una nube immensa, Che sovra me s’addensa, Un ricsaso non è. Laggiù, quell’arco è l’iride Che tcndesi a’ miei sguardi; No, dagli acuti dardi L’arco gucrrier non è. E questa che in me penetra Quasi puntura infesta, Goccia di piova è questa, Punta di strai non è. Un’abbagliante fólgore Qual lidia pietra & quella. Ah noi che Urvàsi bella, Urvàsi mia non è! (come stordito cade). ( poi sorgendo e sospirando) Non è notturno ricsaso Chc la diletta mia Da gli occhi di gazzella porta via; É questo il nero nugolo Apportator del nembo, Chc folgore e baleni accoglie in grembo. (con tristezza) Dove, oh dove è il mio bene? Dove in preda allo sdegno ancor s’aggira Dal suo poter divino a me celata? A lungo in lei non può durar tant’iral Sari volata al cielo? Nel suo tenero petto, Mosso a pietà, ritornerà l’affetto ? (con furia) No, chc i maligni spiriti, Nemici degli dei, Mai non potran colei Rapir da canto a me: E pur da gli occhi miei La bella andò lontano I Di questo fato arcano Il senso, inver, qual è? (meditando)