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POESIE VARIE

Ma tu, Saturno, portator degli anni, non so qual mai superstizion ti tiene, ché par che ti nascondi agli occhi d’una si nobil corona. Prendiani gli augúri in meglio, non quai falso stimò finora il mondo. Cotesta tua gran falce, in quella etá che tu versavi in terra (forse perch’assai vecchio, tu vuoi ch’io te ’1 rammenti?), non ebbe altr’uso che di mieter biade, da le quai seminate avesti ’1 nome; c ’n quella rozza etade e ’n quella povertá de le parole Tuoni con le mèsse numerava gli anni onde avvenne che poi, del tempo dio, fosti allogato in cielo. Né cotest’ali invero ti fúr date perché tu voli o fugga, perché ’nver tu non sei tardo né presto, ma ben misuri i moti presti o tardi. Coteste sono insegne che ti dièr i patrici che trováro gli auspici, onde poi da la lor propia pietade divenner saggi, temperati e forti, e fúr gli eroi di favole spogliati, i cui prenci fondar gli eroici regni; e sol di questi poi le discendenze, perché aveano tra lor certe divise che non avean tra lor Toscure plebi, tutto mercé de le mie certe nozze, da Tordin lungo de’ lor certi padri sol essi meritar con vero nome de le genti maggiori dirsi «patrici».

E noi da quelle antiche inclite case,