Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/339

entro sua virtude involto è ’l buon Sersale,

380sempre a sé uguale;

e quell’altro egli è il Salerno,

in cui parlano i pensieri.

Quegli è ’1 Lunato, dal cui frale or la mente batte l’ale 385su del del per l’alte chiostre

a spiar le stelle nostre.

Quello, al cui destro omero aurata pende una lira,

390sembra un romano

Nobili’one;

e v’ha quel che la fortuna, non giá il merto, il fa Tristano. Ve’ ’l Valletta, l’onore 395del suo nobil museo;

anche ’l Cesare ornato del bel fiore di Torquato; il leggiadro Cestari, il Gennaio festivo,

400il Viscini venusto,

pur l’adorno Corcioni, il Forlosia dolciato di mèl che timo odora, il Mattei che valore 405ha del nome maggiore,

e con atti modesti l’amabil Vanalesti, e ’l de’ tuoi sacri studi vago Salernitano,

(i) Il signor don Andrea di Luna d’ Aragona, di cui s’allude alla nobilissima canzone, che aspettata giunse l’istesso giorno che si dava questo foglio alle stampe, onde si leggerá nel fine della raccolta [V.].