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né a scernergli me ’l niega con l’ombre sue la notte,

315la qual, col nostro qui disceso lume

onde tu vai vie piú degli altri adorno, vince qual mai piú luminoso giorno. Colá stretti uniti insieme vedo il rigido Capassi 320col mellifluo Cirillo.

De le genti egli maggiori quegli è ’l mio dotto Lucina, con cui va fido compagno il sempre vivo,

325sempre spiegato,

sempre evidente,

Galizia nostro.

V’ha l’analitico chiaro Giacinto;

330e a chi il cognome,

provido il cielo, diede d’ Ippolito, il cui costume al casto stile 335avea di questi

serbato il cielo.

Quegli, se rompe cert ’aspri fati, sará ’l Marcello (I >

340d’un’altra Roma.

V’è pur colui a cui nascendo col caso volle scherzare il fato,

345e di Poeta

(1) Il signor don Marcello Filotnariuo, delle amene e severe discipline ornatissimo, nipote di Ascanio, cardinale arcivescovo di Napoli [V.].