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2. S’è giá accennato genericamente (p. 118) a ciò che scriveva Bartolomeo Intieri al Galiani (Napoli, 14 aprile 1739) a proposito del concorso universitario del 1723. Ma giova riferire qui il passo per intero. «Ier l’altro il lettore Domenico Gentile si buttò da una finestra cosi alta che restò ammazzato dalla caduta, e ieri li fu data sepoltura. Egli è morto come ha vissuto, cioè da pazzo. Mi ricordo della bella profezia che fece un personaggio di gran talento sopra la riuscita di questo pazzo furioso, quando li fu conferita la catedra per la violenza usata fune temporis dal Cardinal d’Althann, che non era meno pazzo. Disse allora il mentovato personaggio che il Gentile era piú tosto ardito, sfacciato e pazzo che dotto». Che quel «personaggio di gran talento» fosse il V.? Certo, quantunque non ne restino tracce scritte, egli era amico dell’ Intieri, dal quale, agente nel Regno dei ricchissimi Corsini, gli venne probabilmente l’infelice consiglio di chiedere per la Scienza nuova la protezione del futuro Clemente XII.

3. Subito dopo la morte del padre, Gennaro Vico, in concorrenza col ricordato Francesco Serao e col professore di storia ecclesiastica Giovanni Ruggiero, aspirò alla carica d’istoriografo regio. Ma il Galiani, interrogato in proposito dal re Carlo di Borbone, rispose (Napoli, 24 febbraio 1744) di non ritenere Gennaro ancora maturo da potersi applicare a comporre storie, anche perché «il povero giovane non aveva salute per resistere ad una seria e lunga applicazione, oltre a quella della cattedra d’eloquenza»; e colse quell’occasione per informare che, alla morte del V., s’erano trovati fra le sue carte soltanto «pochissimi fogli», che oggi non ci sono piú, «d’introduzione alla storia, che il dotto vecchio aveva intrapreso di scrivere, della conquista di questo Regno fatta dalla Maestá Vostra: fatica, che non potè poi da lui tirarsi innanzi per mancanza delle necessarie notizie». Donde l’ovvia conseguenza che proprio di codesta introduzione facesse parte la pagina riprodotta in facsimile dal Ferrari nel primo volume della sua prima edizione delle Opere del V.: quella pagina, cioè, in cui sono raccolti appunti su Carlo Magno e Ugo Capeto, «Valesiorum Borboniumque caput».

4. Ai Vico beneficati da monsignor Galiani è da aggiungere l’ultimogenito del filosofo, Filippo. Il quale nel 1736, a sedici anni, entrava, quale chierico, nella cappella reale, a capo di cui era il Galiani, che, premurato evidentemente dal vecchio Giambattista, voleva fare del ragazzo un cappellano regio. Ma, per ottenere lo