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la pubblica gratitudine che gli si abbia qualche riguardo. Il suddetto suo figliuolo Gennaro è giovane d’abilitá e nell’esercizio della detta cattedra incontra certamente tutto l’applauso. Solo mi dá fastidio ch’egli nell’istesso tempo pensi applicarsi al fòro, perché il dover frequentare la Vicaria, che richiede certamente tutto l’uomo, e fare ’l professore in una cattedra d’eloquenza, che richiede profondo studio degli autori greci e latini de’ migliori tempi, sono due mestieri che insieme non possono star bene, e per necessitá conviene trapazzare o l’uno o l’altro o pure amendue. Quindi sarei di parere... che potesse il supplicante rendersi consolato, ogni qual volta però si fusse certo che il suo figliuolo, lasciate da parte le occupazioni forensi, fusse per voltar tutto l’animo suo agli studi di eloquenza e a quei che sono necessari per riuscir eccellente in tal non facile e stimatissima professione». Conseguenza del qual parere furono il decreto regio del 12 gennaio 1741, col quale a Gennaro venne conferita la cattedra, e due dispacci, di pari data, di Gaetano Maria Brancone, segretario dell’Ecclesiastico, coi quali si davano al segretario dell’Azienda Giovanni Brancaccio e a Nicola De Rosa, vescovo di Pozzuoli e cappellano maggiore interino, le disposizioni del caso.

c) Varia.

1. L’anno stesso che fu nominato cappellano maggiore del Regno (1732), il Galiani dispose non solo che si riprendesse l’antico costume di inaugurare l’anno accademico con una solenne prolusione dell’insegnante di rettorica, ma anche che i singoli corsi fossero iniziati con un’ «orazione di apertura». In conformitá a queste disposizioni, il V. inaugurò l’anno accademico (18 ottobre 1732) col De niente heroica , e Francesco Serao e Giuseppe Pasquale Cirillo, tra altri, dettero inizio ai loro corsi con altre orazioni, poste anch’esse a stampa. Tutte tre, a principio dell’anno successivo, furono dal Galiani inviate a Roma a parecchi suoi antichi amici, tra cui monsignor Antonio Leprotti da Rimini (?1746), giá medico del Cardinal Davia e ora di Clemente XII. Del qual dono il Leprotti ringraziò nei termini che seguono (Roma, 14febbraio 1733): «Vi ringrazio della bella orazione del signor Seraus (Serao). Sono pure assai buone le altre due del Cirillo e del Vico. Si comincia a conoscere il buon seme, che viene spargendo il nuovo direttore» .