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LII. — Il cappuccino Michelangelo Franceschi da Reggio Emilia (1688-1766) aveva con grande successo predicato nel Duomo di Napoli durante la quaresima del 1729 ed era stato piú volte ospite del V., che s’era fatto promotore e raccoglitore di alcuni Componimenti poetici in lode di lui (Napoli, Mosca), ai quali aveva collaborato con una dedica epigrafica e anche, insieme con sua figlia Luisa, con alcune rime. — La lettera del V., a cui il Franceschi risponde, è andata dispersa. — L’Orsi è il noto letterato Gian Gioseffo Orsi da Bologna (1652-1733): cfr. anche lett. LVI, da vedere sopra tutto pei rapporti del Muratori col V. — Malgrado la «felicissima cura», il Sostegni mori pochi mesi dopo (cfr. pp. 61-2, 123). — La «signora donna Luisa» e la «signora Marianna» (cosi chiamata scherzosamente) sono rispettivamente la Luisa Vico e la sua figliuoletta Marianna Servillo (cfr. p. 129). — La «buona aria», di cui esse erano andate a godere, era quella d’un «casino» che il marito della Luisa, Antonio Servillo, possedeva a Capodimonte e che poi fu espropriato da Carlo di Borbone per la villa reale. Ivi pare si recasse di quando in quando a ritemprarsi il V. — Il libro che si doveva stampare a Venezia era, naturalmente, la divisata edizione accresciuta della prima Scienza nuova (cfr. p. 62 sgg). — Proprio «Cranio (sic) de Iosa» è scritto nell’autografo. Ma si tratta certamente di un canonico Mattia de Iossa da Potenza, che curò per le stampe una Orazione panegirica iti lode del glorioso san Gennaro, protettore della fedelissima cittá di Napoli, recitata nella seconda domenica dí quaresima dal padre Michelangelo da Reggio dí Lombardia, cappuccino, lettore di sacra teologia e predicatore del Duomo di Napoli nell’anno MDCCXXIX, consacrata all’ill.mo et ecc.mo don Nicolò Gallo de’ duchi d’Alvito, ecc. (in Napoli, per Francesco Ricciardo, 1729). — Il «padre guardiano de’ capuccini» è, probabilmente, il padre Antonio da Palazzuolo (cfr. p. 132), col quale il V. era in relazione per lo meno dal 1728.

LUI. — Cfr. p. 125. — La libreria di Antonio Rispolo, amico d’infanzia del V., era a San Biagio dei Librai, n.° 34.

LIV. — Le iscrizioni, alle quali qui si accenna, sono un rifacimento vicinano di altre (ora perdute) scritte dal Giacco per una serie di medaglioni (ora distrutti) fatti dipingere da lui nel chiostro del convento di Santa Maria degli Angeli di Arienzo. Il Cassino, che vide ai principi dell’Ottocento il ms. del Giacco, scrive che «era bello vedere il latino del frate, che alquanto olebat hircutn, messo a confronto del latino vicinano, tutto oro» .