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LXXV

DEL MEDESIMO Sul medesimo argomento.

Lette le stimatissime lettere di Vostra Signoria illustrissima e vedendole piene e traboccanti di sapere e di bontá, mi sono insieme consolato e confuso, tuttavia lodando e ammirando la sua gran mente e la sua gran cortesia per aver cosi sollecitamente letta e compresa la mia opera; la quale, se ben picciola di mole, contiene molte delle piú universali e prime veritá che richieggono tempo e riflessione particolare per formarne il retto giudizio che assai vantaggioso ne dá, e che fa pigliar animo alla mia ragione, che stava nel gran dubbio di unirsi alla mia fantasia, che confesso schiettamente si lusingava di aver conseguito il gran fine a cui Ella si è cimentata col disegno di mettere in piú chiarezza, col motivo della chiara virtú del gran papa Benedetto decimoterzo, le veritá prime e piú principali dalle quali nascono tutte l’altre veritá. E promettendomi Vostra Signoria illustrissima di voler con piú agio esaminarne tutto meglio, considerandola assai occupata per me in questo esame, pensai di non aggiungere nuove brighe a questa briga col ringraziarla prontamente con altre mie lettere, per farlo meglio e in miglior modo e piú pienamente in tempo a lei piú sbrigato. Pregandola prima a compatirmene, mi permetta Ella che oramai almen le dica che intendo di farlo con quella maggiore vivezza che conviene al suo gran merito e cortesia e al mio gran debito, che anderá crescendo con lei, giacché mi favorisce e mi dovrá favorir tuttavia per far uscir alla luce (col divin favore) quest’opera con piú splendidezza e lustro che certamente le dará la sua mente e ’1 suo nome chiarissimo. Verso il quale mi cresce il gran conto che sempre ne ho fatto, quando rifletto d’aver Ella in poche ore comprese quelle cose per le quali a me sono bisognati piú anni, avendo fino Ella pescato il mio