Pagina:Vico - Autobiografia, carteggio e poesie varie, 1929 - BEIC 1962407.djvu/252

tanto di sostentamento, che, unito con quello della catedra, possa con qualche riposo scrivere le vostre gloriosissime geste e finire onestamente la vita. E l’avrá dalla vostra reale munificenza a grazia, ut Deus.

[Napoli, poco prima del 5 luglio 1734.]

LXVir

DEL PADRE TOMMASO MARIA ALFANI

Discorre della lettura da lui fatta della seconda Scienza nuova.

All’illustrissimo signor don Giambattista Vico fa ossequiosa riverenza fra Tommaso Maria Alfani, e gli fa assapere che per le sue crude indisposizioni, che da molto tempo a piacer di Dio lo travagliano, non gli è stato fatto di poter leggere l’aurea e ben scienziata opera de’ Cinque libri della Scienza nuova prima di alcuni giorni; che con ansia somma l’ha domandata al signor don Paolo Emilio Marocco, gentiluomo di Caiazzo di assai gusto purgato e suo buono amico, da cui l’have avuta con molte postille in margine fatte fare dallo stesso signor don Giambattista al fratello di esso don Paolo Emilio, don Giulio Cesare. Ha letto, riletto e per la terza volta tornato a leggere la Spiegazione della bene ideata dipintura, o sia tavola, a similitudine di quella di Cebete, dove è l’idea tutta dell’opera. E siccome sorti ad Alfonso primo, nostro re che, colla lettura di Tito Livio sollevandosi il di lui animo e riscaldandosi il sangue rappigliato e mettendosi in moto giusto ed eguale, fece che cessasse quasi di subito una fiera febbre che cruciavalo, la quale, secondo il Silvio, non da altro che dal rappigliarsi il sangue sortisce e in questo modo non pochi altri malori son cagionati; cosi egli è addivenuto a fra Tommaso Maria, il quale, in leggendo cose cosi riposte, cosi rare e cosi ben trattate e maneggiate, perché nascono con tutto il geometrico metodo le une dalle altre e si inanellano in modo che formano una bella catena, nel tempo