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si teneva sotto chiave dall’autore che l’aveva quinci scritta a’ signori eruditi lipsiesi, ed accortamente dissimulavasi da altri pochi che n’erano consapevoli con esso autore; né è mancato uno di essi, il quale pratica spesso in mia casa la sera, di costituirmene reo della scienza, che di tempo in tempo me ne dava contezza, ma sempre incerta, varia, indistinta e confusa, per la quale non mai me ne venne talento d’ informarmi del vero. Quando finalmente nel passato mese di agosto tal volume comparve qui pubblicamente in piazza de’ librai, insieme con tutto il corpo, venuto a questo mercadante di libri Niccolò Rispolo; onde da molti curiosi cotal novella fu letta, la qual essendo stata per mia buona sorte riferita al padre don Roberto Sostegni, egli con quella solita sua gran circospezione mi accertò che i signori giornalisti di Lipsia parlavano di quell’opera, ma che aH’orecchio non glien’era giunta altra accusa che gloriosa per me: che l’avessi io lavorata conforme al genio della Chiesa romana. Quindi, invogliatomi di rincontrarla, perché l’osservai contenere tredici proposizioni dentro altrettanti versi, delle quali una, vera, mi reca una somma gloria, l’altre dodici son tutte false e che non mi toccano punto, io avrei certamente risparmiato, di rispondervi: ma, perché si aveva a divolgare l’autore, come se n’avanzò tuttavia il rumore qui in Napoli, acciocché non si potesse nemmeno per ombra sospettare che l’andassi io diffamando e che volessi vederlo punito di quelle gravissime pene e spirituali e temporali che glien’aspetterebbono, io presi a scrivervi queste note, con tal condotta, che vi fo necessaria comparsa di non saperlo chi sia, per tre fini tutti da conseguirli io da’ medesimi giornalisti, appo i quali esso non si può a verun piatto nascondere: il primo, che io ho tutto l’affare con essi, con costui nulla: il secondo, eh ’essi stessi puniscano questo empio, con farlo cadere dal loro concetto di esser costui loro buon amico, e nello stesso loro concetto il cuoprano tutto d’ignominia e d’infamia, e nel medesimo tempio per la loro propia imprudenza e temeritá ne restino essi carichi di vergogna e di pentimento, d’aver essi ciecamente confidato la loro stima e ’l loro credito ad uno vilissimo traditore della

G. B. Vico, Opere - v.

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