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LI

DI TOMMASO RUSSO

Manda il manoscritto della sua opera Dell’animo dell’uomo.

Benché que’ miei dialoghi, che per somma gentilezza tanto con tante persone Vostra Signoria ha lodati, mi si mostrino ora cosi sconci che mi pento avergli pubblicati e mi contento che non siano potuti uscire fuori de’ confini di questa provincia; con tutto ciò non mi son perduto di animo, e per una nuova occasione ho faticato sopra una nuova materia, che è la natura dell’animo nostro. È intorno un anno che in certa conversazione furono uditi cotanto essaltare gli argomenti di Lucrezio contro all’ immortalitá, che per un giusto sdegno mi venne tosto in pensiero di vedere di mostrarne la debbolezza in altro modo che gli scrittori che ho potuto aver nelle mani vedea non aver fatto. Intrapresi adunque quell’opera piú consigliandomi coll’ar dorè de’ desidèri che misurando le forze, e, come ho potuto meglio, l’ho giá condotta a fine. Perché sono diligente lettore delle vostre profonde speculazioni; perché in compor questa disputa ho innanzi agli occhi avuto il dritto e saldo e acuto giudizio vostro; e in fine perché con singoiar sapere, che gli oscurati intelletti di questo secolo non comprendono, congiungete tanta umanitá quanta in me e nelle mie cose ho sperimentata; la mando drittamente a voi e al vostro luminoso intendimento la sottopongo, e la priego, quando alcuno spazio dal prezioso tempo vostro le sará conceduto, ad osservarla e correggerla ed a formarne poi un giusto giudizio. Che se avverrá che possiate voi ridurla a tale che possa veder la pubblica luce, la priego a volerla allora onorare del nobilissimo nome vostro e con altre cose favorirla che render la possano al mondo letterario accettevole e cara. Io non ho altro merito che quello di essere studiosissimo delle vostre pregevolissime scritture, che, quanto piú posso, non cesso di magnificare e predicare in ogni luogo e tempo.