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A GIOVANNI LECLERC Invia il De uno e il De constantia.

Il piú forte, anzi l’unico stimolo, che mi ha portato a meditare questi libri è stata la fama di Vostra Signoria illustrissima sparsa per tutta l’Europa, che la celebra prencipe de’ letterati di nostra etá; e in conseguenza mi ha acceso di farmi alcun merito, quantunque picciolo, di venire alla vostra cognizione e godere della vostra riputatissima padronanza. E poiché egli va cosi, che, proponendosi un grande essemplo, possa alcun fare qualche cosa mediocre, se questa mia debolissima fatica contiene alcuna cosa che meriti qualche lode, ella essendo da Vostra Signoria illustrissima provenuta, ragion vuole che a lei stessa ritorni. Il reverendissimo padre Tomaso Alfani, nostro chiarissimo letterato, che gode la vostra corrispondenza, mi ha dato una nobile occasione di dedicare la mia servitú all’eccellentissimo signor conte di Wildenstein e di priegarlo che di Lovanio, ove si porta agli studi, generosamente mi favorisse usar bontá fargli ricapitare in vostro potere; e cosi il pregio, che l’opera non ha in se stessa, il riceva dalla chiarezza del personaggio dal quale verrá nelle vostre pregiatissime mani. Ora, per quanto io devo temere del vostro da per tutta Europa riverito giudizio, tanto confido nella vostra somma umanitá a compatirne gli errori, nati dalla mia debolezza dell’ingegno, scarsezza di erudizione e finalmente dall’ avversa fortuna, che non mai mi ha conceduto un poco d’agio necessario per la meditazione. Priegola dunque umilmente che voglia gradire nel picciolo e rozzo dono l’animo di uno che, facendole profonda riverenza, con tutto ossequio si dichiara e rassegna, ecc. ecc. (ú.

Napoli, 9 gennaio 1722.

(1) Risposta a questa lettera è quella iuserita nell ’Autobiografia, pp. 42-3 [Ed.].

G. B. Vico, Opere - v.

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