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troppo gelosa del mio instituto; ma ben tosto al mio scrupoloso timore è succeduto il ragionevol contento di vedere con tanta onestá e decoro trattata una passione alla nostra inferma natura anche troppo pericolosa, che, sii trasportata l’anima dall’altezza de’ sentimenti e dalla signoria dell’espressioni, perde di vista affatto ciò che è terra e fango. La piú parte di questa lode deesi a Vostra Signoria, mio signore, per la scelta non meno da voi fatta di muse cosi savie e pudiche, che per essersi infra di esse segnalata a meraviglia la vostra nel rischiarare con tanta grazia e bellezza il buio piú folto della poetica teologia, innestando cosi a soggetto ameno cotanto e festevole, con magistero degno di voi, il serio e ’l grave della piú riposta erudizione. Que’ virtuosissimi signori, i cui nomi a rendere, com’è dovere, immortali, celebraste voi per la lingua di un nume, sapran fare al valor vostro quella giustizia che ogni amatore delle buone lettere dee interessarsi a farvi per fomentare in voi quel sublime felicissimo genio onde ricevono novello pregio e splendore le lettere e i letterati. Del rimanente io, che sono obligato a Vostra Signoria assai piú che non sa tollerare la mia picciolezza, vi userò giustizia e gratitudine col pregarvi da quel Signore, che vi ha data anima cosi nobile, a riempiervela di que’ doni onde divien l’uomo santo non meno che savio. E qui, col solito profondissimo rispetto, mi dico, ecc.

Arienzo, i® marzo 1721.

XV

DI GOFFREDO FILIPPI

A PAOLO MATTIA DORI A (*)

Si vale dell’autoritá del Vico per una controversia su una forinola latina.

Nei giorni caduti passò all’altra vita un cavaliere spagnolo, il quale, dopo parecchie funzioni d’inviato e d’ iinbasciatore, ha

(1) Ad illust rissi muní Paultum Matthiam Doriam, virum sublimis philosophi fama per universatn ferme Europam satis ampliter pervagata [V.].