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i. vita scritta da se medesimo 5

che di sommole avesse scritto fosse Pietro ispano, egli si diede fortemente a studiarlo. Indi, fatto accorto dal suo maestro che Paolo veneto era il più acuto di tutti i sommolisti, prese anche quello per profittarvi; ma l’ingegno, ancor debole da reggere a quella spezie di logica crisippea, poco mancò che non vi si perdesse, onde con suo gran cordoglio il dovette abbandonare. Da sì fatta disperazione (tanto egli è pericoloso dare a’ giovani a studiar scienze che sono sopra la lor età!) fatto disertore degli studi, ne divagò un anno e mezzo. Non fingerassi qui ciò che astutamente finse Renato Delle Carte d’intorno al metodo de’ suoi studi, per porre solamente su la sua filosofia e mattematica ed atterrare tutti gli altri studi che compiono la divina ed umana erudizione; ma, con ingenuità dovuta da istorico, si narrerà fil filo e con ischiettezza la serie di tutti gli studi del Vico, perché si conoscano le propie e naturali cagioni della sua tale e non altra riuscita di litterato.

Errando egli così fuori del dritto corso di una ben regolata prima giovanezza, come un generoso cavallo e molto e bene esercitato in guerra e lunga pezza poi lasciato in sua balìa a pascolare per le campagne, se egli avviene che oda una tromba guerriera, riscuotendosi in lui il militare appetito gestisce d’esser montato dal cavaliere e menato nella battaglia; così il Vico, nell’occasione di una celebre accademia degl’Infuriati, restituita a capo di moltissimi anni in San Lorenzo, dove valenti letterati uomini erano accomunati co’ principali avvocati, senatori e nobili della città, egli dal suo genio fu scosso a riprendere l’abbandonato cammino, e si rimise in istrada. Questo bellissimo frutto rendono alle città le luminose accademie, perché i giovani, la cui età per lo buon sangue e per la poca sperienza è tutta fiducia e piena di alte speranze, s’infiammino a studiare per la via della lode e della gloria, affinché poi, venendo l’età del senno e che cura le utilità, esse le si proccurino per valore e per merito onestamente. Così il Vico si ricevette di bel nuovo alla filosofia sotto il padre Giuseppe Ricci, pur gesuita, uomo di acutissimo ingegno, scotista di setta ma zenonista nel fondo, da cui egli sentiva molto piacere nell’intendere che le «sostanze astratte»