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sezione settima 227


serci dalla natura stati posti ne’ talloni, diremmo certamente che noi pensiamo ne’ piedi. Perché la posizione della glandola pineale, posta in cima del celabro, ove l’animo tenga il suo seggio, se non fusse di Renato Delle Carte, direi ch’è d’uomo che non s’intende affatto di metafisica. Però non altronde egli si può intendere con maggior maraviglia quanto i primi uomini, perché erano nulla o pochissima reflessione, essi valsero col vigore de’ sensi sopra ogni piú affinata riflessione; non altronde diciamo che con maggior maraviglia si possa intendere che da’ nomi ch’i latini diedero ad essi sensi e meglio che i greci gli conservarono. Che insiememente saranno due grandi ripruove; una dell’oppenion di Platone, che si parlò una volta una lingua naturale nel mondo; l’altra del vero che ha sostenuto per tanti secoli la volgar tradizione, che gli autori delle lingue fussero stati sappienti, però d’una sapienza de’ sensi.

1302[706] [CMA3] De’quali dissero «auditus», quasi «hauritus», quel dell’udito ed «aures» l’orecchie da «haurire», perocché l’udito si faccia da ciò, che gli orecchi tirano l’aria ch’è da altri corpi percossa, onde s’ingenera il suono. Dissero «cernere oculis» lo scernere o veder distinto, ch’è per latina eleganza diverso da «videre,» ch’è un vedere confuso, perché dovettero sentire gli occhi essere come un vaglio..... Ond’è la ragione che la fiera che fugge, finch’è veduta dal padrone, non ricupera la naturai libertá. L’odorare dissero «olfacere» ch’è propiamente far odore; e ’l dar odore, al contrario, dissero «olere»: che forse indi presero da sé, estimando l’api, ch’immaginavano con l’odorare facessero il mèle (perocché non potevan intendere che ne succiassero i sughi), cosí essi coll’odorare facessero gli odori. Lo che poi, con gravi osservazioni..... perché assaggiassero nelle cose il sapor propio delle cose; onde poi con sappiente trasporto stesero all’animo e ne dissero la «sapienza», ch’allor l’uomo sappia ovvero dia sapor di uomo, quando pensa, parla, opera le cose con propietá.

1303Talché è necessario che conoscessero per sensi quella gran fisica veritá, ch’or appena s’intende da’ migliori filosofi: che l’uomo faccia i colori, suoni, odori, sapori e tutt’altre sensibili qualitá con essi sensi del corpo; faccia le reminiscenze con la memoria, le immagini con la fantasia (perocché l’ingegno certamente non si esercita se non truova o fa nuove cose); e che molto meglio che i greci, i quali richiamavano al genere il qual dissero δύναμις (la qual con piú voci i latini voltarono «vis et potestas», onde