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372 libro secondo - sezione undecima - capo primo


necessaria congettura, che vi fusse stata alcuna cittá greca nel lido del Lazio, e che poi si fusse seppellita nelle tenebre dell’antichitá, la qual avesse insegnato a’ latini le lettere, le quali, come narra Tacito, furono dapprima somiglianti alle piú antiche de’ greci. Lo che è forte argomento ch’i latini ricevettero le lettere greche da questi greci del Lazio, non da quelli di Magna Grecia, e molto meno della Grecia oltramare, co’ quali non si conobbero che dal tempo della guerra di Taranto, che portò appresso quella di Pirro: perché, altrimente, i latini arebbono usato le lettere ultime de’ greci, e non ritenute le prime, che furono l’antichissime greche.

764Cosi i nomi d’Ercole, d’Evandro, d’Enea, da Grecia entrarono nel Lazio per questi seguenti costumi delle nazioni:

765Prima, perché, siccome, nella loro barbarie, amano i costumi loro natii, cosí, da che incominciano a ingentilirsi, come delle mercatanzie e delle fogge straniere, cosí si dilettano degli stranieri parlari; e perciò scambiarono il loro dio Fidio con l’Ercole de’ greci, e, per lo giuramento natio «medius fidius», introdussero «mehercule», «edepol», «mecastor».

766Dipoi, per quella boria, tante volte detta, c’hanno le nazioni di vantar origini romorose straniere, particolarmente ove ne abbian avuto da’ loro tempi barbari alcun motivo di crederle (siccome, nella barbarie ritornata, Gian Villani narra Fiesole essere stata fondata da Atlante, e che in Germania regnò un re Priamo troiano), perciò i latini volontieri sconobbero Fidio, vero lor fondatore, per Ercole, vero fondatore de’ greci, e scambiarono il carattere de’ loro pastori poeti con Evandro d’Arcadia.

767In terzo luogo, le nazioni, ov’osservano cose straniere, che non possono certamente spiegare con voci loro natie, delle straniere necessariamente si servono.

768Quarto e finalmente, s’aggiugne la propietá de’ primi popoli, che sopra nella Logica poetica si è ragionata, di non saper astrarre le qualitá da’ subbietti, e, non sappiendole astrarre, per appellare le qualitá appellavan essi subbietti. Di che abbiamo ne’ favellari latini troppo certi argomenti.