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[CAPITOLO QUARTO]

corollario
delle descrizioni eroiche

705Finalmente riducevano le funzioni esterne dell’animo ai cinque sensi del corpo, ma scorti, vividi e risentiti, siccome quelli ch’erano nulla o assai poco ragione e tutti robustissima fantasia. Di ciò sieno pruove i vocaboli che diedero ad essi sensi.

706Dissero «audire», quasi «haurire», perché gli orecchi bevano l’aria da altri corpi percossa. Dissero «cernere oculis» il vedere distintamente (onde forse venne «scernere» agl’italiani), perché gli occhi sieno come un vaglio e le pupille due buchi — che, come da quello escon i bastoni di polvere, che vanno a toccare la terra, cosí dagli occhi, per le pupille, escano bastoni di luce, che vanno a toccare le cose, le quali distintamente si vedono (ch’è ’l baston visuale che poi ragionarono gli stoici, e felicemente a’ nostri tempi ha dimostrato il Cartesio);— e dissero «usurpare oculis» generalmente il vedere, quasi che, con la vista, s’impossessassero delle cose vedute. Con la voce «tangere» dissero anco il rubare, perché, col toccare, da’ corpi che si toccano si porta via qualche cosa, ch’or appena s’intende da’ fisici piú avveduti. Dissero «olfacere» l’odorare, quasi, odorando, facessero essi gli odori; lo che poi, con gravi osservazioni, truovaron vero i naturali filosofi, che i sensi facciano le qualitá che sono dette «sensibili». E finalmente dissero «sapere» il gustare, e «sapere», propiamente, è delle cose che dan sapore, perché assaggiassero nelle cose il sapor propio delle cose; onde poi con bella metafora fu detta «sapienza», che fa usi, delle cose, i quali hanno in natura, non giá quelli che ne finge l’oppenione.