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politica degli eroi 315


di Iole ed Onfale: va ad assoggettire il diritto eroico de’ campi a’ plebei, a petto de’ quali gli eroi si dicevano «viri». Ché tanto a’ latini suona «viri» quanto a’ greci significa «eroi», come Virgilio incomincia l’Eneide, con peso usando tal voce:

Arma virumque cano,

ed Orazio trasporta il primo verso dell’Odissea:

Dic mihi. Musa, virum;

e «viri» restaron a’ romani per significare mariti solenni, maestrali, sacerdoti e giudici, perché, nelle aristocrazie poetiche, e nozze ed imperi e sacerdozi e giudizi erano tutti chiusi dentro gli ordini eroici. E cosí fu accomunato il diritto de’ campi eroico a’ plebei della Grecia, come fu da’ patrizi romani a’ plebei comunicato il diritto quiritario per la seconda agraria, combattuta e riportata con la legge delle XII Tavole, qual si è sopra dimostro. Appunto come, ne’ tempi barbari ritornati, i beni feudali si dicevano «beni della lancia» e i burgensatici si chiamavano «beni del fuso», come si ha nelle leggi inghilesi; onde l’arme reale di Francia (per significare la legge salica, ch’esclude dalla successione di quel regno le donne) è sostenuta da due angioli vestiti di dalmatiche e armati d’aste, e si adorna di questo motto eroico: «Lilia non nent». Talché, come Baldo, per nostra bella ventura, la legge salica chiamò «ius gentium Gallorum», cosí noi la legge delle XII Tavole (per quanto serbava, nel suo rigore, le successioni ab intestato dentro i suoi, gli agnati e finalmente i gentili) possiam chiamare «ius gentium romanorum»; perché appresso si mostrerá quanto sia vero che ne’ primi tempi di Roma vi fusse stata costumanza onde le figliuole venissero ab intestato alla successione de’ loro padri, e che poi fusse passata in legge nelle XII Tavole.

658Finalmente Ercole esce in furore col tingersi del sangue di Nesso centauro — appunto il mostro delle plebi di due discordi nature che dice Livio, — cioè tra’ furori civili communica i