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308 libro secondo - sezione quinta - capo sesto


dell’armi, com’appieno dimostreremo nel libro quarto; dalla qual vera forza restò poi per solennitá nelle revindicazioni quella forza finta ch’Aulo Gellio dice «di paglia». Si conferma tutto ciò con l’interdetto «Unde vi», che si dava dal pretore, e fuori d’ordine, perché la legge delle XII Tavole non aveva inteso nulla, nonché parlato, delle violenze private; e con l’azioni «De vi bonorum raptorum» e «Quod metus caussa», le quali vennero tardi e furon anco pretorie.

639Ora cotal costume eroico d’avere gli stranieri per eterni nimici, osservato privatamente da ciascun popolo in pace, portatosi fuori, si riconobbe comune a tutte le genti eroiche di esercitare tra loro le guerre eterne con continove rube e corseggi. Cosi, dalle cittá, che Platon dice nate sulla pianta dell’armi, come sopra abbiam veduto, e incominciate a governarsi a modo di guerra innanzi di venir esse guerre, le quali si fanno delle cittá, provenne che da πόλις, «cittá», fusse πόλεμος essa guerra appellata.

640Ove, in pruova del detto, è da farsi questa importante osservazione: che i romani stesero le conquiste e spiegarono le vittorie, che riportaron del mondo, sopra quattro leggi, ch’avevano co’ plebei praticate dentro di Roma. Perché con le provincie feroci praticarono le clientele di Romolo, con mandarvi le colonie romane, ch’i padroni de’ campi cangiavano in giornalieri; con le provincie mansuete praticarono la legge agraria di Servio Tullio, col permetter loro il dominio bonitario de’ campi; con l’Italia praticarono l’agraria della legge delle XII Tavole, col permetterle il dominio quiritario, che godevano i fondi detti «soli italici»; co’ municipi o cittá benemerite praticarono le leggi del connubio e del consolato comunicato alla plebe.

641Tal nimicizia eterna tralle prime cittá non richiedeva che fussero le guerre intimate, e sí tali ladronecci si riputarono giusti; come, per lo contrario, disavvezzate poi di barbaro costume sí fatto le nazioni, avvenne che le guerre non intimate son ladronecci, non conosciuti ora dal diritto natural delle genti che da Ulpiano son dette «umane». Questa stessa eterna inimicizia de’ primi popoli dee spiegarci che’l lungo tempo ch’i romani