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224 libro secondo - sezione terza


come pur sopra abbiam detto: ma il Giove de’ poeti teologi non fu piú alto de’ monti e della regione dell’aria dove s’ingenerano i fulmini. In quella di Giunone intruse l’idea dell’aria spirabile: ma Giunone di Giove non genera, e l’etere con l’aria produce tutto. (Tanto con tal motto i poeti teologi intesero quella veritá in fisica, ch’insegna l’universo empiersi d’etere; e quell’altra in metafisica, che dimostra l’ubiquitá ch’i teologi naturali dicon di Dio!). Sull’eroismo poetico innalzò il suo filosofico: che l’eroe fusse sopra all’uomo, nonché alla bestia (la bestia è schiava delle passioni; l’uomo, posto in mezzo, combatte con le passioni; l’eroe con piacere comanda alle passioni), e sí esser l’eroica mezza tralla divina natura ed umana. E truovò acconcio l’Amor nobile de’ poeti (che fu detto Ἔρως dalla stessa origine ond’è detto ἥρως l’eroe), finto alato e bendato, e l’Amor plebeo, senza benda e senz’ali, per ispiegar i due amori, divino e bestiale: quello bendato alle cose de’ sensi, questo alle cose de’ sensi intento; quello con l’ali s’innalza alla contemplazione delle cose intelligibili, questo senz’ali nelle sensibili si rovescia. E di Ganimede, per un’aquila rapito in cielo da Giove, ch’a’ poeti severi volle dire il contemplatore degli auspici di Giove, fatto poi da’ tempi corrotti nefanda delizia di Giove, con bell’acconcezza egli fece il contemplativo di metafisica, il quale con la contemplazione dell’ente sommo, per la via ch’egli appella «unitiva», siesi unito con Giove.

516In cotal guisa la pietá e la religione fecero i primi uomini naturalmente prudenti, che si consigliavano con gli auspici di Giove: — giusti, della prima giustizia verso di Giove, che, come abbiam veduto, diede il nome al «giusto», e inverso gli uomini, non impacciandosi niuno delle cose d’altrui, come de’ giganti, divisi per le spelonche della Sicilia, narra Polifemo ad Ulisse (la qual, giustizia in comparsa, era, in fatti, selvatichezza); — di piú, temperati, contenti d’una sola donna per tutta la loro vita. E, come vedremo appresso, gli fecero forti, industriosi e magnanimi, che furono le virtú dell’etá dell’oro: non giá quale la si finsero, dopo, i poeti effem-