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logica degli addottrinati | 215 |
quali poi correvan per tutti appresso (tanto i primi popoli eran incapaci d’universali!); e pure non le concepivano senonsé fussero avvenuti i fatti che domandavanle. E la legge di Tulio Ostilio nell’accusa d’Orazio non è che la pena, la qual i duumviri per ciò criati dal re dettano contro l’inclito reo, e «lex horrendi carminis» è acclamata da Livio; talch’ella è una delle leggi che Dragone scrisse col sangue e «leges sanguinis» chiama la sagra storia. Perché la riflessione di Livio: che ’l re non volle esso pubblicarla per non esser autore di giudizio sí tristo ed ingrato al popolo, ella è affatto ridevole, quando esso re ne prescrive la formola della condennagione a’ duumviri, per la quale questi non potevan assolver Orazio, neppure ritruovato innocente. Dove Livio affatto non si fa intendere, pcrch’esso non intese che ne’ senati eroici, quali ritroveremo essere stati aristocratici, gli re non avevano altra potestá che di criare i duumviri in qualitá di commessari, i quali giudicassero delle pubbliche accuse, e che i popoli delle cittá eroiche eran di soli nobili, a’ quali i rei condennati si richiamavano.
501Ora, per ritornar al proposito, cotal legge di Tulio in fatti è uno di quelli che si dissero «exempla» in senso di «castighi esemplari», e dovetter esser i primi esempli ch’usò l’umana ragione (lo che conviene con quello ch’udimmo da Aristotile sopra, nelle Degnitá: che «nelle repubbliche eroiche non vi erano leggi d’intorno a’ torti ed offese private»); e ’n cotal guisa, prima furono gli esempli reali, dipoi gli esempli ragionati de’ quali si servono la logica e la rettorica. Ma, poi che furono intesi gli universali intelligibili, si riconobbe quella essenziale propietá della legge: — che debba esser universale, — e si stabilí quella massima in giurisprudenza: che «legibus, non exemplis, est íudicandum».