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della metafisica poetica 147


grande, cioè di ritruovare favole sublimi confacenti all’intendimento popolaresco, e che perturbi all’eccesso, per conseguir il fine, ch’ella si ha proposto, d’insegnar il volgo a virtuosamente operare, com’essi l’insegnarono a se medesimi; lo che or ora si mostrerá. E di questa natura di cose rimane restò eterna propietá, spiegata con nobil espressione da Tacito: che vanamente gli uomini spaventati «fingunt simul creduntque».

377Con tali nature si dovettero ritruovar i primi autori dell’umanitá gentilesca quando — dugento anni dopo il diluvio per lo resto del mondo e cento nella Mesopotamia, come si è detto in un postulato (perché tanto di tempo v’abbisognò per ridursi la terra nello stato che, disseccata dall’umidore dell’universale innondazione, mandasse esalazioni secche, o sieno materie ignite, nell’aria ad ingenerarvisi i fulmini) — il cielo finalmente folgorò, tuonò con folgori e tuoni spaventosissimi, come dovett’avvenire per introdursi nell’aria la prima volta un’impressione sí violenta. Quivi pochi giganti, che dovetter esser gli piú robusti, ch’erano dispersi per gli boschi posti sull’alture de’ monti, siccome le fiere piú robuste ivi hanno i loro covili, eglino, spaventati ed attoniti dal grand’effetto di che non sapevano la cagione, alzarono gli occhi ed avvertirono il cielo. E perché in tal caso la natura della mente umana porta ch’ella attribuisca all’effetto la sua natura, come si è detto nelle Degnitá, e la natura loro era, in tale stato, d’uomini tutti robuste forze di corpo, che, urlando, brontolando, spiegavano le loro violentissime passioni; si finsero il cielo esser un gran corpo animato, che per tal aspetto chiamarono Giove, il primo dio delle genti dette «maggiori», che col fischio de’ fulmini e col fragore de’ tuoni volesse loro dir qualche cosa. E sí incominciarono a celebrare la naturale curiositá, ch’è figliuola dell’ignoranza e madre della scienza, la qual partorisce, nell’aprire che fa della mente dell’uomo, la maraviglia, come tra gli Elementi ella sopra si è diffinita. La qual natura tuttavia dura ostinata nel volgo, ch’ove veggano o una qualche cometa o parelio o altra stravagante cosa in natura, e particolarmente