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due Scienze nuove1, s’incontra giá nel Diritto universale. E, ch’è piú, ho rifatto da cima a fondo la punteggiatura, studiandomi anzitutto di renderla interpretativa.

Che la cosa non sia stata per me sempre agevole, intenderá da sé chiunque, avendo pratica di lavori siffatti, conosce per esperienza quante volte si resti esitanti di fronte al piccolo problema se aggiungere o espungere una virgola, specie quando, come nel caso presente, si abbia davanti un difficile testo filosofico, scritto, per giunta, in un latino, aureo bensí (non mai anzi, sino al Diritto universale, il Vico s’era mostrato umanista cosí squisito), ma che, essendo pur piegato, e talora costretto, a esprimere con vocaboli e costrutti ciceroniani, e piú ancora plautini, terenziani, sallustiani e tacitiani, concetti filosofici maturatisi, durante i primi anni del secolo decimottavo, nella mente d’un precursore del romanticismo, non riesce sempre di facile intendimento. E che la cosa fosse, al tempo medesimo, necessaria, potrei mostrare con una lunga serie di esempi, dai quali apparirebbe quali e quante volte proprio l’interpunzione vichiana, peccante sempre per imprecisione, e talora per eccesso, tal altra per difetto, abbia condotto fuor di strada traduttori e interpreti. Per citare, fra siffatti esempi, soltanto il primo, che, nemmeno a dirlo, ricorre sin dalle prime righe del De uno, nell’edizione originale è scritto: «Quod postquam disserui, amplissimus vir, Cajetanus Argentius, Consilii Neapolitani Praeses, Avunculus tuus, quem appellare laudasse sat est, virum memoria, ingenio, judicio singularem, in graecis latinisque literis adprime versatum, lectione, meditatione, stylo multissimum, et omnis divini atque humani juris, publici privatique tum scientia, tum solertia nostrae memoriae facile principati, id judicium palam omnibus protulit, me super eo argumento disseruisse, uti oratorem, philosophum et jurisconsultum oportebat; quo nullum sane aliud evenire mihi optatius poterat: namque ea ipsa tria omnino praestare conatus eram, ut philologiam, qua oratores ornantur maxime, philosophiae submitterem, ejusque severȧ trutinȧ expenderem, eaque ratione Jurisprudentiae Principia statuminarem». E l’Amante, fra gli altri, traduce: «E poi ch’ebbi posto fine al mio parlare, il chiarissimo uomo Gaetano Argento Preside del Napolitano Consiglio e tuo zio materno, di cui il nome

  1. Cfr. nella presente raccolta delle Opere le due Note bibliografiche rispettive.