Pagina:Viaggio Da Milano Ai Tre Laghi.djvu/280

264 Lario, vall’Intelvi.

nosciuta per la sua amenità e fertilità; e chi vorrà percorrerla, troverà la più comoda strada che fra monti aspettar si possa. Non vi son miniere, o almeno non si conoscono: v’è qualche strato di marmo nero, ma trascurato; bella però n’è l’esposizione, e fertile il suolo: e l’ampiezza della valle, che può dirsi partita in varj piani, in ognuno de’ quali v’è popolazione d’uomini, fa che molto sia coltivata a grano e a vigne al basso, più in alto a segale, fraina, patate e canapa, alle quali cose son frammischiati i noci: sopra questi sollevansi e dilatansi i castagni, e ad essi succedono i faggi, da’ quali traggesi anche l’olio, frangendone e spremendone i frutti. I legni servono a far carbone, a trasportare il quale sino ad Argegno sono giornalmente impiegate alcune centinaia di muli. Ma più che da’ boschi nell’alto dei monti si trae profitto dalle erbe che ne occupano la massima parte, e mantengono numerose gregge e mandre.

Nel salire da Argegno in Vall’Intelvi, il naturalista, al passare sul ponte della Vallaccia, fermerassi a guardare strana stratificazione del masso calcare, che in tutta la valle lì più che altrove piegata ad angolo e curvata in mille maniere. Ma sebbene tutto calcare e stratificato ne sia il nocciolo, pure è si coperta di massi staccati granitosi, schistosi e