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(LXXVII.)

40Col taciturno meditar profondo
De la Divinità lo arcane cose,
I beati principj, e i sempre giusti
Decreti sculti in adamante eterno,
E l’alte leggi, onde di Grazia sorge
45L’ordine augusto, e quelle, onde Natura
Prende moto, e governo, ebbe egli cerco,
Non egli i dolci lavor nostri, ond’ hanno
Del supremo Fattor 1’opre ammirande
Lode, che colassù grata a Lui sale,
50Come offerto vapor d’arabo incenso,
Nè i fonti nostri, onde canora lingua
Le fatidiche note, e i grandi accenti
Pieni del primo, immenso Vero attinge,
Disdegnar seppe: anzi nel casto petto
55Dove suo seggio Sapienza elesse,
Io gli estri vivi, io le sublimi forme
E le immagini altere io si gl’impressi,
Ch’egli repente al slavo Mela in riva
Versi cantò, che nel perenne Cedro
60Parma a le tarde età riponga, e serbi.
Tu, ch’io propizia pur mirai nascente
Non ultima di Giano oscura gloria,


Per