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Modo, e mifura, e quanto più dal vero
Lontana movi, e di fplcndor più vedi
Tuoi frequenti difetti, allor più gli occhi
Del Vulgo inganni, e inficili col Vulgo quelli,
Che al Patrio Ciel nemici a Te giuraro
rè, per quel folle immoderato affetto,
Che fovente occhio fan fa veder torto.

Hanno, noi niego, tue Tragedie anch’effe
Di che pregiarli; ne mia mente adombra
Cieco livor, che Te frodar del giudo
Diritto di tua laude olì, e prefuma.
Son nomi chiari i tuoi Còrnei; ; e fpeflo
U Itale feene al tuo Racine udirò
Noi feioglier plaufi, e batter palma a palma’.
Ma perche a i plaufi noftri invida, e muta
Ti ftai, nè come vuol ragion, rifpondi?
Perche tu ricca de le fpoglie nollre
A noi far onta, e fuperbir cotanto?
Poche, dirai, conta Tragedie, e poco
Dal Popol chiede il colto Aufonio Clima;
Poche lo so : ma de le cofe belle
Copia mai non fu al Mondo, e fe non chiede
Quelle l’ignaro Volgo, ora non torna