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Grazia, e beltà, par che in me biechi volga
Gli occhi, e qual fuoi grave Matrona offcfa,.
Par, che in un d’ ira, e di roflor sì tinga;.
Che mal fepp’ io d’ imitatrici note
Ornar gli alti fuoi lenii, e i varj moti,
E i bei coltami avvivar, come in tela
Induftrc Dipintor da umano volto
Vivo gode ritrar fpirante immago,
E in lei pennelleggiando affetti, e voglie
Qua fi parte de 1’ Alma anco v’ infpira,
Felice Emulator, foave inganno
Di riguardanti, e fua bell’arte onora.
Ma quando piacque al Facitor Superno
Partir le terre, e le tlivcrfe genti
3n un raccòrrò, e frappor alpi, e mari
E fiumi, e fpazj inabitati immenfì
Quefte da quelle dividendo, ingegno
Vario lor diede, e favellar diverfo.
Ebber le lingue allor, come de i nofiri
Chiufi affetti, e penfier nunzie fedeli,
X propri genii, e i vezzi propri, e il proprio-
Spirito, e le più vaghe, e le più colte
Quafi fra il Vulgo alme Rcine, feco