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ni ed il commercio dei prodotti, inferiore al numero de’ primi; anzi tanto più inferiore lo sarà, quanto più alto sarà il prezzo de’ generi alla prima vendita, perchè allora il guadagno della rivendita aggiunto all’alto valore della merce di consumazione se fosse troppo forte, incarendo a dismisura la mano d’opera, diminuirebbe certamente i consumatori, e diraderebbe la frequenza del Popolo, annientando l’industria. Se fosse troppo basso diverebbe tanto più picciolo il numero di questi rivenditori, perchè ogni professione si ristringe a misura che è picciolo il guadagno, che si fa esercitandola. Ora è da vedere se questi rivenditori debbano essere considerati, come commercianti, ai quali debba lasciarsi libero il premio dell’industria, e dell’attività loro personale, oppure come meri salariati per il comodo della vendita giornaliera delle vettovaglie. Se essendone necessariamente limitato il numero, si debba lasciare, oltre l’incarimento eventuale delle merci di consumazione tanto più facile, quanto più libero si suppone il commercio di queste in que’ paesi, ove l’avviamento sia più facile all’uscita che all’entrata dello Stato, ancora quell’incarimento che nascerà dalle speculazioni, e dall’avidità de’ Rivenditori. Non si tratta di tassare il prezzo alla prima vendita, ma di fissare colla tassa su la rivendita al minuto delle cibarie, un salario discreto ad una professione, che non è d’industria, nè di guadagno, ma di disciplina, e servizio pubblico necessario, incessante; non è la tassa che deve


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