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che si possono trasformare l’una nell’altra proiettivamente, o birazionalmente, perchè con questo principio non si tien conto delle altre proprietà geometriche o del contenuto degli enti stessi che ne costituisce invece l’essenza. Ad es. lo spazio fisico e lo spazio geometrico sono di contenuto sostanzialmente diversi fra loro, come sono diversi dalle varietà analitiche che li rappresentano, e come la esistenza dello spazio fisico, così la costruzione dello spazio geometrico costituisce un elemento essenziale della geometria, che non va dimenticato, come di solito avviene. E che il contenuto abbia una importanza fondamentale lo dimostra ad es. il fatto che il Cayley, il quale ha iniziato lo studio proiettivo della geometria non euclidea, riteneva valevole in senso assoluto quella euclidea, onde nelle ricerche del Cayley più che di geometria non euclidea si tratta di una rappresentazione di essa nella geometria euclidea stessa, mutando la nozione della distanza, allo stesso modo che la pseudo sfera, la sfera e il piano all’infinito improprio, sono rappresentazioni della geometria non euclidea in quella euclidea. Ora invece il contenuto di queste geometrie ha una notevole importanza: esso ci dice che l’attuale osservazione esteriore non è sufficiente a stabilire esattamente l’una o l’altra geometria. E un tale contenuto ha, come si vede, anche una portata filosofica per la forma dello spazio, mentre nessuna potevano averne le ricerche del Cayley, come non ne hanno la teoria degli immaginari o quella dell’infinito improprio, perchè non si tratta che di denominazioni usate per indicare enti già esistenti ed effettivi che nulla aggiungono alla genesi dello spazio.
Da tutto ciò emerge anche che le ricerche matematiche sui principi della scienza sono bene distinte e devono tenersi distinte, da quelle filosofiche intorno alla genesi delle idee matematiche: e noi stessi nel determinare il contenuto degli oggetti della matematica pura e della geometria non abbiamo inteso di partecipare per l’uno o per l’altro sistema filosofico, imperocchè accennando che il numero non ha necessariamente una rappresentazione fuori del pensiero, non abbiamo voluto affermare che il numero non sia esso stesso di origine empirica; e dicendo che il punto ha una rappresentazione empirica, non abbiamo voluto dire che non sia una pura intuizione a priori dello spirito e necessaria ad ogni esperienza esteriore. E questa distinzione è un bene perchè la matematica ci unisce mentre la filosofia, almeno per ora, ci divide. È vero che gli studi sui principî della scienza hanno dato e daranno ancora luogo a discussioni fra matematici, ma l’errore in matematica si va sempre eliminando, e restano le nuove idee definitivamente acquisite alla scienza. L’errore dipende o direttamente dal matematico o dalla indeterminatezza di alcune nuove idee o dalla poca chiarezza colla quale dapprima si presentano, ma spesso anche dalla contrarietà che esse incontrano da principio quando urtano vecchie convinzioni profondamente radicate e rafforzate dalla autorità di eminenti matematici, o contro la indifferenza degli uni, che per non darsi la pena di riflettere vorrebbero escludere le ricerche sui principi della scienza dal campo matematico, o l’opposizione di altri per i quali i nuovi pensatori sono i rivoluzionari della scienza. E ad oscurare la luce nascente delle nuove verità matematiche si aggiunsero quei filosofi che, fermi nei principî matematici già da essi conosciuti, vedevano o credevano di vedere nelle nuove idee un attentato alle loro ipotesi sulla conoscenza e sulla inter-