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Il fatto è però che nessuno aveva definito bene che cosa intendeva per infinito e infinitesimo attuale, che possono avere, come si vide poi, forme diverse; non lo definì il Bernoulli, nè più recentemente l’idealista del Du Bois Reymond. Ne è una definizione accettabile dell’infinitesimo attuale quella del Poisson. Ma d’un tratto la luce cominciava a diffondersi con l’introduzione legittima di grandezze infinite e infinitesime attuali, cioè coi numeri transfiniti di G. Cantor, coi momenti dello Stolz e cogli ordini di infinito delle funzioni del Du Bois Reymond. Ma non si trattava di infiniti e infinitesimi geometrici. Il Cantor facendo uso dei suoi numeri transfiniti affermava di aver dimostrata la impossibilità dell’infinitesimo attuale quale segmento rettilineo continuo. O. Stolz aveva già fatto rilevare che la questione dell’esistenza dell’infinito e dell’infinitesimo attuale dipende da un assioma secondo il quale dati due segmenti rettilinei, l’uno minore dell’altro, vi è sempre un multiplo del minore, secondo un numero intero finito, che supera il segmento maggiore. Questo assioma fu chiamato da Stolz col nome di Archimede, perchè è il V assioma dell’opera De Sphoera et cylindro del grande siracusano, ma che era stato usato anche da altri1.

Lo Stolz faceva rilevare che la dimostrazione del Cantor non poteva toccare nè i suoi momenti nè gli ordini di infinito del Du Bois Reymond, i quali pur non soddisfacendo all’assioma d’Archimede, non sono grandezze lineari, mentre lo Stolz affermava pure l’impossibilità del segmento rettilineo infinitesimo attuale dando una dimostrazione dell’assioma stesso partendo dal postulato del continuo nella forma data da Dedekind. Anche dai postulati del continuo dati da Weierstrass e Cantor, sotto forme più proprie al calcolo, si deduce, come da quello di Dedekind, l’assioma di Archimede2.

Non si trattava adunque di vedere se esistevano grandezze infinite ed infinitesime, bensì se esistevano segmenti rettilinei infiniti e infinitesimi attuali, tali da soddisfare le proprietà fondamentali della retta, eccetto l’assioma d’Archimede.

E le vie ordinarie sembravano chiuse dopo le dimostrazioni di Cantor e di Stolz. Non era dunque per via analitica che potevano presentarsi spontaneamente questi segmenti, poichè i detti autori partivano dalla corrispondenza biunivoca del continuo intuitivo con quello numerico, o dai numeri transfiniti di Cantor, che sembravano essere i soli numeri transfiniti, allo stesso modo che non si poteva presentare spontaneamente coll’analisi lo spazio generale a infinite dimensioni, quando si potevano considerare soltanto delle varietà a un numero finito di variabili.

  1. Vedi A., Fondamenti di Geometria, Appendice. A proposito delle recenti discussioni sui numeri transfiniti di Cantor, veggasi Schoenflies, Die Entwicklung der Lehre von den Punktmannigfaltigkeiten, 1908. Per gli infiniti del Du Bois Reymond veggansi anche i recenti lavori di Borel e E. Bortolotti.
  2. Il prof. Enriques, che nel suo scritto sui principi della geometria (Encik. der math. Wissensch.. III, 1, 1907) riferisce esattamente sulla geometria non archimedea, incorre però in un equivoco quando egli dà al postulato del continuo di Cantor (Math. Ann., vol. V) una forma equivalente a quella da me data, concludendo che dal postulato del Cantor non si deduce l’assioma d’Archimede.