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capitolo ii. 81


E però in quel giorno, vedendo che Aubert lo ascoltava attento, gli disse con accento d’uomo convinto:

«Sai tu che cosa è la vita, fanciullo mio? Hai tu compreso l’azione delle molle che producono l’esistenza? Hai tu guardato entro di te medesimo? No, eppure cogli occhi della scienza avresti visto il rapporto intimo che esiste tra l’opera di Dio e la mia, poichè è dalla sua creatura che io ho copiato la combinazione delle ruote de’ miei orologi.

— Maestro, rispose vivamente Aubert, potete voi paragonare una macchina d’ottone o d’acciaio a quel soffio di Dio, chiamato anima, che avviva i corpi, come la brezza comunica il moto ai fiori? Possono forse esistere ruote impercettibili che facciano muovere le nostre gambe e le nostre braccia? E qual meccanismo potrebbe generare in noi il pensiero?

— Non è questa la quistione, rispose dolcemente mastra Zaccaria, coll’ostinazione del cieco che cammina verso il precipizio; per comprendermi ricordati lo scopo dello scappamento da me inventato. Quando ho visto l’irregolarità degli orologi, ho compreso che il movimento chiuso in essi non bastava e che bisognava sottommetterlo alla regolarità d’un’altra forza indipendente. E pensai che il bilanciere potesse rendermi questo servigio, dove riuscissi a regolarne le oscillazioni. Ora non la fu forse un’idea sublime questa di fargli restituire la forza perduta, col movimento medesimo dell’orologio che era incaricato di regolare?

Aubert fece cenno di sì.

«Ora, Aubert, proseguì il vecchio orologiaio accalorandosi, volgi uno sguardo sopra te stesso, non comprendi tu che vi hanno due forze distinte in noi, quella dell’anima e quella del corpo, vale a dire un movimento ed un regolatore? L’anima è il principio della vita: dunque è il movimento. Sia prodotto da un peso, da una molla o dalla influenza immateriale, risiede sempre nel cuore. Ma senza il corpo, questo movimento sarebbe disuguale, irregolare, impossibile! Onde il corpo viene a regolare l’anima, e, come il bilanciere, è soggetto ad oscillazioni regolari. E ciò è tanto vero, che si sta male