Pagina:Verne - Racconti fantastici, 1874.pdf/76

78 mastro zaccaria.

voro con una certa confidenza. Il sole del mattino gli ridonava un po’ di coraggio, Aubert non tardò a raggiungerlo nell’officina e ne ricevette un buon giorno pieno di affabilità.

«Sto meglio, disse il vecchio orologiaio. Non so qual bizzarro mal di capo m’avessi ieri, ma il sole ha cacciato tutto, insieme coi nugoli della notte.

— In fede mia, padrone, a me non piace la notte, nè per voi nè per me.

— Ed hai ragione, Aubert; se mai tu diventerai un uomo superiore, comprenderai che la luce ti è necessaria come il pane! Uno scienziato di gran merito deve sè stesso agli omaggi del resto degli uomini.

— Maestro, ecco il peccato d’orgoglio che vi ripiglia.

— Orgoglio, Aubert! distruggi il mio passato, annulla il mio presente, dissipa il mio avvenire ed allora mi sarà concesso di vivere nell’oscurità. Povero giovane, che non comprendi le sublimi cose alle quali si connette tutta la mia arte. Non sei tu dunque altro che uno strumento in mie mani?

— Pure, mastro Zaccaria, rispose Aubert, io ho più d’una volta meritato i vostri complimenti per il modo con cui accomodavo i pezzi più delicati dei vostri orologi?

— Senza dubbio, Aubert, rispose mastro Zaccaria, tu sei un buon operaio a cui voglio bene; ma quando tu lavori non credi di aver fra le dita altro che ottone, oro ed argento, e non senti codesti metalli, che il mio genio anima, palpitare come carni vive! E perciò tu non morrai della morte delle tue opere.

Mastro Zaccaria stette silenzioso dopo queste parole, ma Aubert cercò di ripigliare la conversazione.

«In fede mia! padrone, disse egli, mi piace vedervi lavorare così senza riposo! Voi sarete pronto per la festa della nostra corporazione, giacchè vedo che il lavoro di questo orologio di cristallo procede spedito.

— Senza dubbio, Aubert, esclamò il vecchio orologiaio, e non sarà picciolo onore per me l’aver potuto tagliare e modellare questa materia che ha la durezza del diamante. Ah!