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74 mastro zaccaria.

naturale, tutto è limitato in terra, e l’infinito non può uscire dalle mani dell’uomo.

— Non è men vero, rispose Aubert, che vi ha in ciò qualche cosa di straordinario e di misterioso. Ho aiutato io stesso mastro Zaccaria a ricercare la causa dei guasti de’ suoi orologi, ma non potei trovarla e più d’una volta gli utensili mi caddero di mano per disperazione.

— Dunque, soggiunse Scolastica, perchè darsi a tutto questo lavoro da dannati? Vi par naturale che uno strumentuccio d’ottone possa camminar da solo e segnar le ore? Si avrebbe dovuto accontentarsi dei quadranti solari.

— Non parlerete così, Scolastica, quando saprete che il quadrante solare fu inventato da Caino.

— Signore Iddio! che cosa mi dite?

— Credete voi, soggiunse ingenuamente Geranda, che si possa pregare il cielo di ridonare la vita agli orologi di mio padre?

— Senza dubbio, rispose il giovane operaio.

— Buono! Preghiere inutili, borbottò la vecchia domestica, ma il cielo ne perdonerà l’intenzione.

Fu riacceso il cero. Scolastica, Geranda ed Aubert s’inginocchiarono sui mattoni della camera, e la giovinetta pregò per l’anima della mamma, per la santificazione della notte, per i viaggiatori e per i prigionieri, per i buoni e per i cattivi e sopratutto per le tristezze incognite del padre suo.

Poi le tre divote persone si risollevarono con un po’ di confidenza in cuore, avendo versato la loro pena nel seno d’Iddio.

Aubert se ne andò nella sua camera; Geranda sedette tutta pensosa presso alla finestra, intanto che gli ultimi bagliori si spegnevano nella città di Ginevra, e Scolastica dopo d’aver versato un po’ d’acqua sui tizzoni accesi e spinto gli enormi catenacci della porta, si buttò sul letto dove non tardò a sognare che moriva di paura.

Frattanto l’orrore di quella notte d’inverno era aumentato. A volte, insieme coi turbini del fiume, il vento s’inabissava sotto le palafitte e la casa tremava tutta, ma la giovinetta,