Pagina:Verne - Racconti fantastici, 1874.pdf/69


capitolo i. 71

ranno comprendere più tardi, data l’origine della vera orologiera.

Ora dopo di aver lungamente e meravigliosamente lavorato, Zaccaria rimetteva lentamente i suoi utensili a posto, copriva di campane i pezzi dilicati che aveva accomodati e ridonava il riposo alla ruota affaticata del tornio; poi sollevava uno spiraglio aperto nel pavimento del ridotto, e colà curvo per ore intere mentre il Rodano si precipitava rumorosamente sotto i suoi occhi, si inebbriava dei brumosi vapori.

In una sera d’inverno la vecchia Scolastica servì la cena, a cui, secondo gli antichi usi, essa pigliava parte col giovane operaio. Sebbene cibi preparati con gran cura gli venissero offerti in bei piatti azzurri e bianchi, mastro Zaccaria non mangiò, rispose a mala pena alle dolci parole di Geranda, cui la più cupa taciturnità del padre inquietava visibilmente, e non badò nemmeno alle ciancie della stessa Scolastica più che ora non badasse al brontolio del fiume. Dopo il pasto silenzioso, il vecchio orologiere lasciò la tavola senza abbracciare la figlia e senza dare la buona sera a tutti, come solea fare. Sparve per la stretta porta che conduceva al laboratorio facendo gemere sotto i passi pesanti la scalinata.

Geranda, Aubert e Scolastica rimasero alcuni istanti senza parlare. In quella sera il tempo era tenebroso, le nuvole si trascinavano pesantemente verso le Alpi minacciando di sciogliersi in pioggia. La severa temperatura della Svizzera empiva l’anima di melanconia, mentre i venti del mezzodì ronzavano intorno mandando fischi sinistri.

«Sapete, signorina cara, disse finalmente Scolastica, che il nostro padrone è tutto chiuso in sè stesso da qualche giorno? Vergine Santa, comprendo che non abbia avuto fame perchè le sue parole gli son rimaste nel ventre e sarebbe un bulo chi gliene cavasse alcuna.

— Mio padre ha qualche segreto motivo di affanno che io non posso neanco sospettare, rispose Geranda mostrando nel volto una dolorosa inquietudine.

— Signorina, non permettete che tanta tristezza invada il