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38 un capriccio del dottor ox.

continuare. La bacchetta del direttore non è più che un moncone rotto! Le corde de’ violini si sono spezzate ed i manichi contorti. Nel suo furore, il timpanista ha sfondato i timpani. Il contrabasso si è inerpicato sul suo sonoro edifizio. Il clarinetto ha inghiottito il bocchino del suo strumento, ed il secondo oboe mastica fra i denti le sue linguette di canna. L’incastro del trombone è storto e finalmente il disgraziato cornista non può più levare la mano che ha troppo profondamente cacciato nel padiglione del corno.

Ed il pubblico?

Il pubblico ansimante, infiammato, gesticola, urla! Tutte le faccie sono rosse come se un incendio ardesse i corpi all’interno. Si pigiano, si spingono per uscire; gli uomini senza cappello in testa, le donne senza mantellina. Si fa ressa nei corridoi. L’uno schiaccia l’altro contro le porte, si scambiano parole acri e percosse. Non più autorità, non più borgomastro. Tutti eguali in quell’infernale eccitamento.

E pochi istanti dopo, quando tutti sono in istrada, ciascuno ripiglia l’usata pacatezza e rientra placidamente in casa sua colla confusa ricordanza di quanto ha provato.

Il quarto atto degli Ugonotti, che durava una volta sei ore di orologio, cominciato in quella sera alle quattro e mezza era terminato alle cinque meno dodici minuti.

Aveva durato diciotto minuti!


VIII.


In cui l’antico e solenne valzer tedesco è mutato in turbine.


Ma se gli spettatori dopo d’aver lasciato il teatro ripresero l’usata tranquillità e se ne tornarono placidamente a casa non conservando altro che una specie di ebetismo passeggero, avevano però subito una straordinaria esaltazione, ed affranti, rotti come dopo un’orgia, caddero grevemente nei loro letti.