Pagina:Verne - Racconti fantastici, 1874.pdf/13


capitolo iii. 15


«Signor van Tricasse, signor borgomastro, aprite, aprite presto!»

Il borgomastro ed il consigliere assolutamente sbalorditi si guardarono senza dir parola. Codesto passava la loro immaginazione. Si avesse anche sparato nel salotto, la vecchia colubrina del Castello, che dal 1385 non aveva più funzionato, gli abitanti della casa van Tricasse non sarebbero stati più sbalorditi.

Frattanto le grida, i colpi, le chiamate raddoppiavano. Lotche, ripigliando la sua freddezza d’animo, si arrischiò a parlare:

«Chi è? domandò.

— Sono io, io, io!

— Chi?

— Il commissario Passauf.

Il commissario Passauf! Quegli medesimo di cui da dieci anni si trattava di sopprimere la carica! Che avveniva dunque? I Borgognoni avevan forse invaso Quiquendone come al quattordicesimo secolo?

E non ci voleva meno d’un avvenimento di tanta importanza per commovere a tal punto il commissario Passauf, il quale, quanto a flemma, non la cedeva in nulla al borgomastro medesimo.

Ad un cenno di van Tricasse — perocchè il degno uomo non avrebbe potuto articolar parola — fu tolta la spranga e l’uscio s’aprì.

Il commissario Passauf si precipitò nell’anticamera come un uragano.

«Che c’è di nuovo, signor commissario? domandò Lotche, brava figliola che non perdeva la testa nelle più gravi occasioni.

— Che c’è? rispose Passauf, i cui grossi occhi tondi esprimevano una vera commozione; c’è che io vengo dalla casa del dottor Ox, dove v’era ricevimento, e che colà...

— Colà? disse il consigliere.

— Colà fui testimonio d’un alterco tale che... signor borgomastro, si parlò di politica!