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capitolo i. 123

palla a pioggia d’argento. Essa doveva lanciare quell’apparecchio dopo d’averlo infiammato con una lancia preparata all’uopo. Partì, la notte era tenebrosa. Al momento di accendere il fuoco d’artificio, ebbe l’imprudenza di far passare la lancia infuocata sotto la colonna di idrogeno che spicciava fuor del pallone. Avevo gli occhi fissi sopra di lei. D’un tratto una luce inaspettata rischiarò le tenebre. Credetti ad una sorpresa dell’abile areonauta. Crebbe la luce, e sparve d’un tratto e riapparve sul sommo dell’aerostato in forma di un immenso zampillo di gas infiammato. Questa luce sinistra si rifletteva sul boulevard e su tutto il quartiere Monti martre; allora vidi la disgraziata levarsi, tentar due volte di comprimere l’appendice del pallone per spegnere il fuoco, poi sedersi nella navicella e cercare di dirigere la sua discesa, perocchè ella non cadeva. La combustione del gas durò molti minuti. Il pallone, diminuendo sempre più, scendeva, ma non era ancora una caduta. Il vento soffiava da nord-ovest e lo respinse su Parigi. Allora nei dintorni della casa N. 16, via Provenza vi erano immensi giardini. L’areonauta poteva cadervi senza pericolo; ma, fatalità! il pallone e la navicella caddero sul tetto della casa; l’urto fu leggero. «Aiuto!» gridò la disgraziata. Arrivai nella via in quel momento. La navicella scivolò sul tetto ed incontrò un raffio di ferro. A quella scossa la signora Blanchard fu lanciata fuor della navicella e precipitata sul lastrico.... La signora Blanchard si uccise.

Queste storie mi agghiacciavano d’orrore. L’incognito stava in piedi, a capo scoperto, coi capelli irti e gli occhi torvi. Non era più possibile alcuna illusione. Io vedeva finalmente l’orribile verità. Avevo da fare con un pazzo.

Egli gettò il rimanente della zavorra, e salimmo non certo a meno di nove mila metri d’altezza. Il sangue mi usciva dal naso e dalla bocca.

«Che vi ha di più bello dei martiri della scienza? esclamò allora l’insensato; essi sono canonizzati dalla posterità.

Ma io non intendeva più nulla. Il pazzo si guardò intorno e si inginocchiò per parlarmi all’orecchio.