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comprendo come si possano fare quelle che si dicono pazzie — e sono brani di cuore spezzati da penose voluttà, brani di ragione torturati dal delirio, — per coteste donne che hanno un pubblico per amante, che ci sbattono sul viso tutte le seduzioni, inchiodandoci ad una poltrona d’orchestra, e che ci abbruciano gli occhi col lampo della loro bellezza, costringendoli ad affissarle avidamente. — Cotesta voluttà che c’inebbria di suoni, che abbaglia di luce, che sollecita con acri profumi, che vi fa ondeggiare dei veli dinanzi alla curiosità spasmodica, che ha il sorriso sfacciato, e la nudità pudica, che idealizza tutte le vostre più sensuali passioni, è mostruosa, — e la brama d’immergervisi, di annegarvisi, è mostruosa, del pari, con tutte le cecità, con tutte le frenesie, — e lo spasimo di sguazzarci dentro, le mani, i piedi, il petto, i capelli,