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fratello, ed alloggiare in Pitti, suo proprio palazzo, con regi trattenimenti, essendomi venuto a veder e visitar subito gionto alle mie proprie stanze, non lasciando alcuna dimostrazione ordinaria e straordinaria, con che potesse far conoscere a ca- dauno in quanta osservanza tiene questa serenissima republica, come di tutto ne ho dato con mie lettere pieno e minuto conto alla Serenitá Vostra. Nelle parole poi non poteva certo piú espres- samente rappresentar la sua perfetta volontá e la sua somma osservanza: perché, chiamandosi «figliuolo della republica», ha raccontato la riverenza del padre, dell’avo e di tutta la sua casa, congionta con grandi obligazioni al serenissimo dominio ; il quale chiamando «splendor d’Italia», disse anco ch’era obligo d’ogni buon principe italiano di servirlo ed onorarlo in tutte le occasioni, affermando che perciò egli, e come granduca di To- scana e della casa de’ Medici e per la sua particolare inclinazione e devozione, sará sempre figliuolo molto ossequente della re- publica, avendo molta consolazione se come tale sará e tenuto e adoperato dall’Eccellenze Vostre. E, quanto all’affetto, ha espressi questi concetti e parole con efficacia tale, che si è potuto chiaramente comprendere che corrispondi abbondantemente alle parole la sinceritá della volontá. Ed il medesimo affetto ho trovato in madama ed anco nella serenissima arciduchessa; la quale, in espressione della sua riverenza verso Vostra Serenitá, m’ha detto che niuna cosa la renderá piú consolata che la continuazione dell’amore deila republica verso il granduca, suo marito, e che si conservi amorevolissima e tutta confidenza. Non avendo anco il signor don Francesco, e nelle visite ch’ab- biamo avuto un dall’altro, e nell’incontrarmi ed .accompagnarmi anco al mio partire sino fuori della cittá, lasciato alcun offizio con che potesse dimostrare il medesimo affetto ed una osser- vantissima volontá. Non dovendo io lasciar di aggionger alla Serenitá Vostra, in dimostrazione maggiore dell’affetto delle Loro Altezze verso il serenissimo dominio, che, oltre le tante dimostra- zioni usatemi di favori, d’onori, hanno aggiorno questo: che, doppo il mio gionger in Fiorenza, fecero intender le Loro Altezze alli signori Baglioni e Capponi, banditi giá dalla Serenitá Vostra