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per li nostri fu preso grand’animo, c immediate li fanti propri de’ Medici presono tutte le bocche delle strade che gettano in piazza. Ivi se fecero forti, sbarando le strade. Quelli de Palazzo suonavano la campana per essere favoriti dal populo; traggeveno degli arcobusi al li fanti in piazza, del li quali ne avevano io in 12, ma con poca polvere, e amazzarono 4 in s fanti. Il populo minuto né altri non fecero alcuna mozione; ma ognuno, serrato nella sua casa, stava a vedere l’essito della cosa, eccetto che ’l fratello del cardinale de Ridolfi, che avea adunato dietro a se circa 150 in 200 di quelli poveri ucniini dove l’abitava, e „ cosí Palla Ruc~ellai, in favor de’ Medici. E, perché era l’ora circa 2i, il duca d‘Urbino, li reverendissimi cardinali c lutti noi smontassimo da cavallo, e fu ricordato dal duca che non era ria perder tempo in aspettar la notte e che però bisognava ovcro combattere c prendere il Palazzo, ovcro pigliare qualche partito di accorrlo. E, acciò si potesse essere in pronto a combatterli, fu mandato a tuórre dui pezzi d’artiglieria a casa de’ Medici, li quali condotti dove eravamo per mandarli a minare le porte del Palazzo (il che se seguiva, tutta la nobiltá de Fiorenza andava per filo di spada e forse poi tutta la cittá saccheggiata), venne allora fora di Palazzo il signor Federico da Bozolo c richiese al reverendissimo legato venir per quegli erano in Palazzo c che con la promessa ili perdono uscimmo c lasseriano il Palazzo. Furono alcuni, tra’ quali era il conte di Gaiazzo, che dissuadevano lo accordo, dicendo che erano persi, come allirmava anco il signor Federico, e clic bisognava tagliarli tutti a pezzi. Ma il duca d’Urbino, il durissimo Pisani e io c’interponessimo, dannando la opinione del conte di Gaiazzo, non volendo noi sopportare tanta impietá. Di modo clic il reverendissimo Cortona facilmente se condusse all’accordo c a perdonar a tutti; e, data la benedizione, fu fatta la scritta e sottoscritta per il cardinale e per il duca d’ Urbino, e poi tutti gli cittadini uscirono di Palazzo e lo lasciarono a’ Medici. E questo fu a di 26 aprile 1527, ore 22. Sedato il tumulto d’accordo, come è detto, e pacificata la cittá, in quell’ora s’ebbe avviso il duca di Boi bone esser giorno