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molto amorevole ed affezionato, e che in servigio della Serenitá Vostra era per metter sempre la vita e la facultá, come hanno fatto tutti li suoi maggiori, tanto benemeriti di questa serenissima republica. Il che ho voluto dire per pagare questo debito d’una tanta divozione ed obligazione dimostratami da questo signore, pieno di bontá, di dottrina e di splendore, con una vita poi tanto essemplare e candida, che piú non si potria desiderare, con grandissimo onor suo e della casa e della patria, fatto et/am per questo molto caro e grato a quel prencipe, presso il quale fa una cosí onorevole riuscita. Ma, tornando al proposito della precedenza, io non voglio restare di dire una decision favorevole che fece l’imperatore nella guerra di Provenza; né la dico per relazione, ma di veduta e di udita dalla viva voce di Sua cesarea Maestá, imbattendomi anco io in quel luoco per servizio della Serenitá Vostra. Ché, vedendosi scritte sopra le poste delli alloggiamenti, che davano gli forieri agli ambasciatori di Ferrara, di Mantova e di altri simili, che di tutti li prencipi d’Italia ve ne erano, chiamò Cesare li predetti forieri e li comandò che non dovessero scrivere sopra gli alloggiamenti «ambasciator di Ferrara» o di «Fiorenza» o d’altri, perché signori che hanno Stato in feudo, che siano Camera d’imperio, non voleva fussero chiamati li suoi per «ambasciatori»; ed espressamente dechiari che li forieri dovessero chiamar solamente «ambasciatori» quelli di teste coronate e della Serenitá Vostra. E mi ricordo io che ’l duca Alfonso vecchio di Ferrara, al qual mi mandò giá Vostra Sublimitá per un negozio particolare, non voleva che si chiamasse l’ambasciator suo «ambasciator» ma suo «uomo», anzi li suoi secretati non voleva fossero chiamati «secretari» ma «scrittori», parendogli che a lui non si convenisse usar nei suoi ministri quei titoli che usano li re e la Serenitá Vostra insieme. Ho voluto io, serenissimo Prencipe, toccar questi particolari per commemorare il vero ordine che si teniva e che si doveva tenire, accioché non passino del tutto in oblivione; perché, oltra che giova saper simili cose, nelle occasioni si possono eziandio di etá in etá vedere, perché so che vi saranno di quelli che