Pagina:Venezia – Relazioni degli ambasciatori veneti al Senato, Vol. III, Parte I, 1916 – BEIC 1905987.djvu/134

all’onor di Dio stanno in continuo essercizio di cristiana caritá, avendovi la cura i principal cittadini della cittá ed il prencipe istesso, con il quale non si possendo oprar con le mani, si oprano con il star sempre in genochioni : per solo dimostrarsi cattolici e pii, procurano d’acquistarsi la grazia sua e insieme quella del signor Iddio. Ma però, con tutto questo, se li ha sempre rocchio alle mani. La cittá di Fiorenza è nel numero delle sei principali cittá d’Italia, tutta bella, nobile, ricca ed industriosa, e par nata in un istesso giorno e tutta fabricata in un istesso tempo, poiché, in un circuito di forse sette miglia, ha le strade tutte larghe, ampie, dritte ed a linea tirate, piene d’artefici d’ogni sorte, con un popolo infinito, tutto laborioso ; e la sua maggior industria è posta nell’arteficio della lana e della seda, essercitata da piú e da piú nobili con molta onorevolezza, li quali fanno una piazza di mercatanti con il maneggio de’ cambi per tutte le parti del mondo, e si può dir che la sii nel numero delle principal piazze d’ Europa, e con li traffichi maritimi vanno de’ fiorentini dal levante al ponente, di modo che il commercio de Fiorenza passa oggidí per tutto ’l mondo. La qual cittá di Fiorenza è cinta dall’oriente e dal settentrione da colli amenissimi, tutti pieni di bellissimi edifici ed onoratissimi palazzi. [Ma a questo quadro si aggiunge un rovescio molto oscuro e tenebroso, in considerare come tante nobilissime e ricchissime famiglie, piene di tanti onorati uomini, soliti a viver liberi ed a governare un si bel Stato, il quale era pur loro per natura, si veggono ora da un solo e da un loro cittadino dominati e governati, e, di liberi e di signori che erano, fatti servi, che a vederli solamente se gli conosce manifestamente l’oppressione dell’animo, che non so qual maggiore calamitá di questa si possa vedere, di una cittá dove quello, che era di tutti, è ora di un solo, il quale, colla potenza del principato, tiene in sua mano e le ricchezze publiche e le private. Ma questo, signori eccellentissimi, confessano i medesimi fiorentini esser loro avvenuto per giudizio manifesto del signor Iddio, che non ha voluto piú tollerare in quella cittá le ingiurie e le tirannie, che crudelmente