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XVI.


23Ó DISCORSO SUL TESTO DEL TÓEMA Dt DANTE.

in là del titolo e del soggetto. Perciò lo ragguaglia non pure delle intenzioni allegoriche, ma dell’architettura, e de’ materiali, e delle minime parti dell’opera ; e della loro disposizione, e dei ripartimenti in cantiche, e canti, e versi, e rime ; e delle ra- gioni del titolo; e dello stile: ma senza far motio né indizio che Cane l’avesse veduta. Che se la Dedicatoria fosse stata de- stinata a tutto il libro, risponderebbesi : - fa dettata a far an- che da prefazione. - Ma presupponendo che Cane avesse già letto le prime due Canticlie, non vedo a che fine 1’ autore si desse tanto pensiero di addottrinarlo.

LXXXYI. Or aggiungi, che se Cane dava copia del Poema a chiunque, ei faceva pubblici i vilipendj d’ogni uomo;assume- vasi le inimicizie di Dante, e gli odj d’ogni setta politica, e d’ogni famiglia potente in Italia; e Dante mandavagli libe- ramente anche 1 vilipendj degli Scaligeri. Un’ombra nel Pur- gatorio gli dice :

Io fui abate in San Zeno in Verona


E tale ha già l’un piede entro la fossa, Che tosto piangerà quo! monistoro, E tristo fla d’avervi avuta possa;

Perchè suo figlio, mal dei corpo infero, E della mente poggio, e che mal nacque, Ha posto in luogo di suo pastor vero.

lo non so s’el più disse, o sei si tacque, Tant’era già di là da noi trascorso: Ma questo disse e ritoner mi piacque *.

- Or nota, per giunta, che questo Abate viveva; e Giuseppe ’j’orelli, veronese, desunse da’ registri pubblici della sua città:

- « Costui nominavasi Giuseppe, e probabilmente figliuolo na- « turale d’Alberto. Fu Abate dall’anno 1292 al 1314; e lasciò « un figliuolo naturale per nome Bartolommeo » (che doveva avere alcuna potenza in Verona e molto favore da Cane suo zio, per ciò) « che fu esso pure Abate nello stesso monistero « dall’anno 1321 » (allorché Dante morì) « sino al 1336 »(set- t’ anni o poco più, dopo la morte di Cane) « indi Vescovo di « Verona, e ammazzato nel Vescovato, altri dicono, da Alboino « della Scala, e i più da Mastino*. » - L’uomo col pie’ su la fossa era Alberto ])adre di Cane. L’altro, mal del. corpo intero e della mente peggio, e die mal nacque, era fratello carnale di Cane, di nozze illegittime, sciancato e stolido, ma pur fratello; e il padre gli provvedeva acconciandolo per Abate d’ un mo- nastero ^ — La reticenza nell’ ultima stanza e il mi piacque che la chiude, aggiungono amarezza ed ardire al rimprovero.


1 Purgatene, XVIII, 121-129.

2 Torelli, presso gli Editori Padovani, voi. II, pag. 395.

3 Commenti del Boccaccio, e daltri antichi, e de’ Veronesi moderni, allaogo •italo del Purgatorio, ediz. Padovana.


DISCORSO