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164 discorso sul testo del poema di dante.

rappresenta bruttissimi di colpe domestiche neW Inferno*; forse e per debito di giustizia , e per risentimento contro alle loro schiatte. Né quegli illustri dannati erano tutti Fiorentini , e molti de’ loro figliuoli tiranneggiavano potenti nelle città di Romagna , dov’ egli andavasi ricovrando * : e chi crederà che leggessero la Commedia , e si rassegnassero pazientemente al- l’infamia ? La sentenza celebrata da Dame :

Che beilo onor s’acquista in far vendetta; »

sarebbe stata ritorta contra di lui, e giustificata dall’ esempio ch’ei ne porgeva. Era il grido, il sentimento, e legge di tutta l’Italia; né poteva essere trascurata senz’ ignominia e delitto di crudeltà all’ombre de’ morti ’*. La religione non aveva che rimutato i nomi alle antiche op’nioni. La vendetta de’ congiunti offesi , non era solamente costume , com’ altri crede , portatovi da’ Germani ^; ma insieme eredità degl’ Italiani , onde come i loro antenati gentili, ^ari pietate , paternas inimicitias magna cum gloria persequehantur ^. Aggiungi che la vendetta era car- dine del diritto di guerra e di pace nelle contese fra i ghibel- lini ed i guelfi; e perchè fosse debitamente vendetta, doveva trapassare la offesa ^ Ma Dante compiacevasi nel Poema,

D’aversi fatta parte per se stessa; »

e assaliva implacabile e guelfi e ghibellini ad un’ ora. Anche i fuorusciti con lui di Firenze gli pareano compagnia malvagia e scempia : e poiché s’armarono a rientrarvi e furono rotti, ei gli incolpava d’ avere ridotte le cose a rovina per la loro he- siialità ; e dolevasi che si volgevano ingrati, matti, ed empi contro a lui solo; ’ — accuse vere forse, o tutt’al più esagerate ; ma s’ei le avesse fulminate pubblicamente mentre viveva, come noi le troviamo nella Commedia , ei si sarebbe circondato di persecutori anche fra’ compagni del suo lunghissimo esilio.


^nrcr.


1 Inferno, canto VI, vers. 79-86; canto XXIII, 41, sc^

2 Inferno, XXVII, 37-54. Pìirgatório, XIV, 79- 120.

3 Canzone IV, verso ult.. Opere, tom. V, pag. 406, od. Zalta.

? Credo che un spirto del mio sangue pianga. —

duca mio, la violenta m-jrte. Che non gli è vendicata ancor, diss’ io. Per alcun, che dell’onta sia consorte, Fece lui disdegnoso: onde sen gio Senza parlarmi, si cora’ io stimo: E in ciò m’ ha e’ fatto a se più pio.

Inferno, XXIX.

5 Merian, Mémoires sur la Cumédic de Dante, — e gli editori recenti, Firenze e Padova, ai canto cit., verso 20.

6 Cicero, Lucullus, I.

7 Boccaccio, Gioin. VIII, Nov. 7.

8 Paradiso, canto XVII, v. Gl-69; e i commenti a quel luogo del Lombardi con le giunte dell’ediz. Padovana, an. 1822; e qui appresso, sez. LXXX LXXXi:

9 Paradiso, ivi.


DISCORSO