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DISCORSO SUL TESTO
E SU
LE OPINIONI DIVERSE PREVALENTI INTORNO ALLA STORIA
E ALLA EMENDAZIONE CRITICA
DELLA COMMEDIA DI DANTE
Dicito silentium esse videbitur. Nec suspicit, nec circumspicit: statim respondet, silentium esse videri. Peritus autem necesse est eum qui silentium quid sit intelligat. Hic apud majores nostros, adhibebatur peritus; nanc quilibet. — Cicero. |
I. La questione, se le interminabili industrie intorno agli antichi riescano più di vantaggio o di danno alle lettere, è da lasciarsi dove si sta. Quando un’arte, comechè sterile, viene tuttavia propagandosi resistendo alle opinioni de’ più ed al ridicolo, chi pur vuole abolirla pare meno savio di chi si provasse di migliorarla. Se anche importasse che interpreti non vi fossero, chi potrà fare che non siano mai stati; e non vivano irrequieti; e non si succedano per forza di lungo costume, e necessità nuova di tempi? Que’ molti che torturavano la loro vita a procacciarsi fama con le opere altrui, soddisfatti del nome di dotti, sono oggi distinti in filologi, archeologi, estetici: esaltando la grammatica, l’erudizione, e la retorica alla dignità di scienze: insegnano in virtù di principj; e da che tutti professano in comune l’ufficio di critici, a me, sì per urbanità letteraria e sì per la speditezza del nome generico, non rincrescerà di chiamarli Critici tutti. Questo pare innegabile, ch’essi tutti — o che si studino di mantenere la venerazione per vecchie dottrine di accademie, e di scuole — o che sollevino il trono della loro critica a dettare oracoli metafisici dalle nuvole — stanno a rischio di mortificare a ogni modo gli ingegni originali, con danno tanto più deplorabile, quanto ne