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120 | ultime lettere d’jacopo ortis. |
con l’indigente; ho confuse le mie lagrime alle lagrime dell’afflitto; ho pianto sempre su le miserie dell’umanità. Se tu mi concedevi una patria, io avrei speso il mio ingegno e il mio sangue tutto per lei; e nondimeno la mia debole voce ha gridato coraggiosamente la verità. Corrotto quasi dal mondo, dopo avere sperimentati tutti i suoi vizj — ah no! i suoi vizj mi hanno per brevi istanti forse contaminato, ma non mi hanno mai vinto — ho cercato virtù nella solitudine. Ho amato! tu stesso, tu mi hai presentata la felicità; tu l’hai abbellita dei raggi della infinita tua luce; tu mi hai creato un cuore capace di sentirla e di amarla; ma dopo mille speranze ho perduto tutto! ed inutile agli altri, e dannoso a me, mi sono liberato dalla certezza di una perpetua miseria. Godi tu, Padre, de’ gemiti della umanità? pretendi tu che sopporti miserie più potenti delle sue forze? o forse hai conceduto al mortale il potere di troncare i suoi mali perchè poi trascurasse il tuo dono strascinandosi scioperato tra il pianto e le colpe? Ed io sento in me stesso che agli estremi mali non resta che la colpa o la morte. — Consolati, Teresa; quel Dio a cui tu ricorri con tanta pietà, se degna d’alcuna cura la vita e la morte di una umile creatura, non ritirerà il suo sguardo neppure da me. Sa ch’io non posso resistere più; ed ha veduto i combattimenti che ho sostenuto prima di giungere alla risoluzione fatale; ed ha udito con quante preghiere l’ho supplicato perchè mi allontanasse questo calice amaro. Addio dunque — addio all’universo! O amica mia! la sorgente delle lagrime è in me dunque inesausta? io torno a piangere e a tremare — ma per poco; tutto in breve sarà annichilato. Ahi! le mie passioni vivono, ed ardono, e mi possedono ancora: e quando la notte eterna rapirà il mondo a questi occhi, allora solo seppellirò meco i miei desiderj e il mio pianto. Ma gli occhi miei lagrimosi ti cercano ancora prima di chiudersi per sempre. Ti vedrò, ti vedrò per l’ultima volta, ti lascierò gli ultimi addio, e prenderò da te le tue lagrime, unico frutto di tanto amore!
Io giungeva alle ore 5 da Venezia, e lo incontrai pochi passi fuori della sua porta, mentr’ei s’avviava appunto per dire addio a Teresa. La mia venuta improvvisa lo costernò; e molto più il mio divisamento di accompagnarlo sino ad Ancona. Me ne ringraziava affettuosamente, e tentò ogni via di distormene; ma veggendo ch’io persisteva, si tacque; e mi richiese di andar seco lui fino a casa T***. Lungo il cammino non parlò; andava lento, ed aveva in volto una mestissima sicurezza: ah doveva io pure avvedermi che in quel momento egli rivolgeva nell’animo i supremi pensieri! Entrammo pel rastrello del giardino; ed ei soffermandosi alzò gli occhi al cielo, e dopo alcun tempo proruppe guardandomi: Pare anche a te che oggi la luce sia più bella che mai?
Avvicinandosi alle stanze di Teresa io intesi la voce di lei: — ma il suo cuore non si può cangiare: — nè so se Jacopo, che m’era dietro uno o due passi, abbia udite queste parole; non ne riparlò. Noi vi trovammo il marito che passeggiava, e il padre di Teresa seduto nel fondo della stanza presso ad un tavolino con la fronte su la palma della mano. Restammo gran tempo tutti muti.Ja-