Pagina:Troya, Carlo – Del veltro allegorico di Dante e altri saggi storici, 1932 – BEIC 1955469.djvu/73


del veltro allegorico di dante 67


chiuse Firenze patria diletta, e Roma cagion del suo danno. Della lupa il veltro avrebbe liberato cotal parte d’Italia: or qual sará questo veltro?

Boccaccio e Benvenuto da Imola noi sanno, paghi sol di narrare il detto dei piú antichi; ai quali sembrava, il veltro essere Cristo Signore, che sarebbe venuto fra cieli e cieli o costellazioni e costellazioni, quasi venisse fra due panni di feltro: come se Dante avesse nel principio del poema voluto delirare coi millenari, o che la venuta innanzi tempo del Signore non dovesse giovar che solo all’Italia. Il veltro è un principe tartaro, altri dicevano: anzi, secondo altri, un principe che nascerá tra il Monte Feltro e la cittá di Feltre. Di tali opinioni Benvenuto riprovò l’ultima in modo speciale (nella porzione inedita del comento): pur questa, creduta nuova da noi, ottenne facilmente la maggioranza nel nostro secolo tratto in inganno dal casuale somigliarsi dei nomi di Can della Scala e del veltro, non additante se non una bestia per propria natura inimica della lupa. Quindi si fermò il punto che Can della Scala, perché nato in Verona fra il Monte Feltro e Feltre nella Marca trivigiana, era il principe atteso dall’Alighieri: quasiché in tratto si lungo non vi fossero, del pari che Verona, le piú insigni cittá d’Italia Mantova e Modena o Ferrara e Bologna. Che piú? Nella stolta profezia di Michele Scoto (Paduae magnatum plorabunt flii necem diram et horrendam Catuloque Veronae), della quale si è detto, sembrò ad un illustre ingegno fra i veneti di leggere promesso a Cane Scaligero quel tratto stesso di paese fra le marche di Trevigi e di Ancona: di che per veritá lo Scoto non profferí alcuna parola.

Ma di Cane, che non combattè giammai fuori di Lombardia, o per le cose di Toscana e di Romagna e per conseguenza dell’Alighieri, si vedrá innanzi: altri, ben altri, prima del 1300, infino al 1308, quando appena lo Scaligero usciva dei fanciulli, avea guerreggiato in Romagna ed in Toscana, scacciando i guelfi da cittá in cittá, e facendo contrasto alla possanza temporale di Roma. Principe temuto da Bonifazio VIII, podestá per la nona volta di Arezzo, congiunto di messer Corso e